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Fisioterapiste no-vax sospese, il Tribunale dà ragione alla cooperativa

Bocciato il ricorso delle professioniste che operavano in una residenza per anziani. Per il giudice la perdita di stipendio non è irreparabile e lo stato di indigenza va documentato

È legittimo sospendere il dipendente no vax, in questo caso un gruppo di fisioterapiste di una cooperativa che lavoravano in una residenza per anziani. La perdita dello stipendio, infatti, non è di per sé "irreparabile" e il danno è risarcibile ex post: è il lavoratore che deve provare l'eventuale indigenza, con Isee o buste paga di tutta la famiglia, o la compromissione dei diritti alla salute, alla carriera, alla formazione e all'immagine.

A esprimersi così è il Tribunale di Modena, nell'ordinanza 2467/21 pubblicata in questi giorni dalla sezione Lavoro. È stato bocciato, quindi, il reclamo proposto dalle fisioterapiste della Cra: e, secondo i giudici, ha fatto bene la cooperativa di cui sono socie lavoratrici a esonerarle dal servizio, e dallo stipendio, perché non voglio immunizzarsi contro il Covid. Non c'è nessun dubbio, a giudicare quindi dall'ordinanza, che sia escluso il fumus boni iuris per il ricorso (ex articolo 700 Cpc): il datore di lavoro, secondo l'orientamento anche del Tribunale, risponde infatti per l'incolumità degli ospiti della residenza e dei dipendenti, comprese quella delle due sospese.

Il diritto alla salute, si legge nell'ordinanza, come "insegna la Corte costituzionale è ambivalente: da una parte il diritto all'autodeterminazione del singolo, dall'altro l'interesse della collettività. Le fisioterapiste sono inserite in un microcosmo lavorativo: la cooperativa deve tutelare anzitutto i soggetti fragili laddove il virus ha mietuto tante vittime nelle Rsa. Senza dimenticare il diritto alla libera iniziativa economica della società con cui devono confrontarsi le dipendenti".

Come rileva anche Giovanni D'Agata, presidente dello Sportello dei diritti, nel caso concreto "il giudice spiega come, ad esempio, soprattutto non sussiste il periculum in mora che in un altro caso aveva fatto scattare la 'reintegra' del lavoratore no vax. E nemmeno giova dedurre la "perdita di una fondamentale fonte di reddito", commenta ancora lo Sportello, senza produrre in giudizio l'Isee o le dichiarazioni dei redditi di tutti i componenti il nucleo familiare da cui emergono disponibilità e risorse: soltanto così si può provare che la perdita dello stipendio viola il diritto "a una vita dignitosa", per le lavoratrici sospese e i loro congiunti.

(DIRE)

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