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Indagini Italpizza, SI Cobas: "Disegno politico per criminalizzare diritto allo sciopero"

Il sindacato duro contro Questura e magistratura dopo la chiusura delle indagini su 67 manifestanti: "In totale salgono a 400 gli operai sotto processo per le vari evertenze"

Si Cobas Modena, colpito in maniera diretta dall'inchiesta, commenta con toni forti la fine delle indagini della Procura di Modena sugli scontri durante gli scioperi e i picchetti ad Italpizza dall'inverno del 2018 all'estate dello scorso anno. "I primi 67 indagati si aggiungono alle centinaia di procedimenti giudiziari contro il Sindacato per altre vertenze, portando il numero degli operai a processo nella sola Modena a oltre 400", spiega la sigla autonoma.

"Per la Questura e la Procura i problemi della città non sono il capillare sistema di caporalato industriale nelle fabbriche, lo sfruttamento, il sistema degli appalti creato apposta per evadere tasse e rubare milioni di euro di contributi versati dai lavoratori... il problema sono i lavoratori in sciopero -  attaccano i cobas - La realtà viene ribaltata: i criminali non sono i padroni che rifiutano di applicare i contratti nazionali, che negano ogni diritto sindacale, che puniscono le operaie mandandole a spalare la neve sui tetti ghiacciati. Per la Procura i criminali sono le stesse operaie che reclamano i propri diritti".

Per il sindacato modenese, i cui vertici sono fra gli indagati, non vi sarebbero state violenze, se non "quelle della polizia davanti ai cancelli, con pestaggi, arresti arbitrari, piogge di gas CS, denunce imbastite su false accuse". Per SI Cobas, dunque, l'intento dell'indagine sarebbe quello di "criminalizzare il diritto allo sciopero, colpendo con accuse pesantissime lavoratori e sindacalisti scomodi".

Sul caso ha preso posizione anche la Cgil, non coinvolta nell'inchiesta ma parte attiva della vertenza sindacale nello stabilimento modenese del colosso delle pizze surgelate. Il sindacato di piazza Cittadella ha ribadito la propria "totale contrarietà a situazioni che si manifestano con atti di violenza da qualsiasi parte vengano messe in atto", sottolineando però che "se ci sono lavoratori che protestano, rischiando anche in proprio, significa che dall’altra parte c’è l’impresa che, o non ha rispettato i patti, o non vuole rinnovare i contratti, o non vuole applicare il contratto corretto, o, ancora, ha deciso di licenziare".

"I lavoratori sono davanti ai cancelli non per scelta, ma per necessità ha aggiunto la Cgil - Per evitare ciò, bisogna che tutte le parti coinvolte si adoperino per far riconoscere i diritti dei lavoratori affinchè certe forme di protesta non vengano messe in atto, in quanto la competizione tra le imprese non deve avvenire sulla pelle dei lavoratori, ma bensì sul miglioramento della qualità del prodotto e del processo produttivo".

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