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L'Emilia e "l'invasione cristiana", il report sulle religioni degli immigrati

Una nuova ricerca dell'Osservatorio sul pluralismo religioso mostra la nuova geografia della fede. Mentre, nonostante i luoghi comuni, i musulmani sono appena il 4%, grandi cambiamenti sono in atto dalle contaminazioni tra le chiese cristiane

Più chiese che moschee. Più cristiani che musulmani con i protestanti in forte crescita. Le nuove chiese sono quasi il doppio delle nuove moschee. Frequentare una chiesa aiuta a sentirsi meno soli e meno spaventati, favorendo l'integrazione. È quanto emerge dalla ricerca condotta dall'Osservatorio sul pluralismo religioso dell'Università di Bologna in collaborazione con l'Assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna, il cui obiettivo, come spiega Simonetta Saliera, presidente dell'assemblea legislativa, "è la conoscenza reciproca, fondamentale per rimuovere gli ostacoli che possono impedire la pacifica convivenza tra persone di diversa confessione. Perchè odio, rifiuto dell'altro, violenza non sono certamente sentimenti divini". 

La prima parte della ricerca "Monoteismi in Emilia-Romagna. Ebrei, musulmani e cristiano ortodossi" aveva evidenziato come in regione ci fosse quasi lo stesso numero di cristiani ortodossi e di musulmani; la seconda "Cristiani lungo la via Emilia. Protestantesimo e cattolicesimo tra i nuovi cittadini" mostra che in Emilia-Romagna i luoghi di culto musulmani (circa 170) sono meno di quelli protestanti e pentecostali (oltre 180). Se a questi si aggiungono le 65 comunità ortodosse, le 53 comunità cattoliche immigrate da noi censite, ci si rende conto di come il cristianesimo abbia una presenza preponderante. 

"In Italia i musulmani sono una minoranza, circa il 4%, ma c'è comunque paura di un'invasione. Se ne parla in termini di emergenza, oscurando la realtà del cristianesimo immigrato- spiega Pino Lucà Trombetta dell'Osservatorio sul pluralismo religioso- Si potrebbe parlare di un'invasione cristiana ma anche questo sarebbe uno stereotipo che non determina l'articolazione di queste religioni. L'immigrazione sta infatti determinando una radicale ridefinizione del cristianesimo nel nostro Paese, dominato per secoli da un sostanziale monopolio cattolico". 

In particolare, cresce la presenza dell'ortodossia. La comunità ortodossa è quella che ha conosciuto la maggior crescita negli ultimi 20 anni: basta pensare che da cinque chiese presenti prima del 2000 in regione oggi siamo a 61. In Italia sono 1,6 milioni gli ortodossi, in Emilia-Romagna 160.000 (al secondo posto dopo i cattolici).  Anche i protestanti crescono: minoranza presente da tempo nel nostro Paese, oggi conta in Emilia-Romagna 184 luoghi di culto. 

"La presenza di nuovi fedeli le rende più visibili e rilevanti, ma la sensibilità religiosa degli immigrati costringe queste chieste a interrogarsi sull'identità consolidata nel tempo, a elaborare liturgie e trovare punti di convergenza con i nuovi arrivati", precisa Trombetta. Ad esempio, la chiesa metodista di Bologna e Modena include fedeli appartenenti a 20 nazionalità e tenta di integrarli tra loro e con gli autoctoni attraverso un lavoro di armonizzazione liturgica ed esperienziale. Le chiese pentecostali sono quelle che si diffondono di più: in Emilia-Romagna sono 59.

Altro fattore di trasformazione del cristianesimo italiano è dato dalla presenza di cattolici immigrati che, in molte parrocchie, convivono con gli autoctoni. "I cattolici immigrati sono portatori di una diversa sensibilità religiosa, più entusiasta e partecipata- dice Trombetta- in cui sono presenti elementi caratterizzanti la cultura di origine". In alcuni casi il rito è orientale, in altri è latino ma la durata è superiore e la musica ha un ruolo predominante. Le 54 comunità censite dalla ricerca includono africani francofoni e anglofoni, nigeriani anglofoni, albanesi, bengalesi, eritrei di rito etiope, filippini carismatici e non, latinoamericani, polacchi, rumeni di rito orientale e di rito latino, srilankesi, ucraini di rito greco-cattolico, ungheresi, cinesi. 

La comunità religiosa come veicolo di continuità culturale. "Ti permette di sentirti a casa quando ne sei lontano, è fonte di solidarietà e aiuto, favorisce non solo l'integrazione materiale ma anche quella della persona- conclude Trombetta- Dall'indagine risulta che, spesso, alla precarietà di molti luoghi di culto corrisponde una difficoltà di integrazione nella comunità di riferimento. Tutelare il pluralismo religioso è un modo per costruire una società pacifica e rispettosa delle differenze".

(fonte DIRE)

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