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Modena e il maiale, una storia di amore e odio

" ... causa del morbo da tempo presente in città sono le innumerevoli immondizie e il fetore che vi regna, del che sono causa i porci innumerevoli, che vagano in essa e la deturpano..."

Modena e il maiale, un legame che sfocia prepotentemente a tavola e che ha origini molto antiche, ma che ha avuto anche risvolti preoccupanti e negativi in alcune epoche. Troviamo documenti relativi all’arte salumiera già a partire da Modena antico Comune: nello Statuto comunale del 1327, conservato in Archivio Storico del Comune di Modena, il più antico a noi pervenuto, sono stabilite dettagliatamente norme e regole che riguardano gli uomini iscritti all’arte dei Lardaroli e Salsicciai, gli spazi riservati agli animali “porcini” e il modo in cui debbano essere trattati.

Si susseguono poi bandi e notificazioni che ribadiscono norme spesso disattese e introducono direttive dettate dalle nuove esigenze legate all’aumento della popolazione, o al verificarsi di una epidemia, o all’apertura di un nuovo mercato in città e in provincia. Dalle carte individuate appare chiaro che il maiale ricoprì un ruolo molto importante nella città “Capitale dell’arte Salumiera”, ma procurò anche molte preoccupazioni poiché “trattasi di animale sudicio e immondo”.

L'allevamento domestico del maiale venne largamente praticato, oltre che nelle campagne anche nei centri urbani, e con inconvenienti facilmente immaginabili. Animali onnivori, perennemente in cerca di cibo per le strade sterrate prive di fognature,  si aggiravano grufolando dappertutto senza riguardo per nessuno. Gli stessi Statuti modenesi del 1327 proibivano ai cittadini “di allevare verri e scrofe, dalla grande mole e dal forte temperamento”, ed imponevano "di non lasciare porci maschi e femmine castrati per la città senza anelli (qualcosa di simile a museruole) né dare cibo ad essi fuori della casa”.

Vi si legge, inoltre, che “nessun fruttivendolo sia uomo che donna può tenere maiali sotto i banchi di vendita, né in piazza del Comune né in altri posti dove si vendono verdure, essendo turpe e fastidioso il grattarsi dei maiali mentre si vendono verdure e chi contravverrà pagherà 20 soldi di Modena per multa, di cui la metà andrà all'accusatore o al denunciante e chiunque possa accusare e denunciare”

Ma numerose erano le lamentele di chi vedeva disattese tali regole ancora un secolo più tardi. Nella Modena del 1424, il rettore della chiesa di San Marco, compariva costernato dinanzi ai Conservatori del comune per lamentare che i maiali del vicinato, dalla pubblica via, penetravano nel cimitero prossimo alla sua chiesa, devastavano i sepolcri e, scoperti i cadaveri ne dilaniavano le membra. La situazione non doveva essere significativamente migliorata sei anni dopo, nel 1430, in occasione di una maligna quanto persistente epidemia di peste, se le autorità cittadine pervennero alla conclusione di ribadire il divieto di tenere maiali per le strade poiché " ... causa del morbo da tempo presente in città sono le innumerevoli immondizie e il fetore che vi regna, del che sono causa i porci innumerevoli, che vagano in essa e la deturpano..."

Anche in occasione del trasferimento della Capitale degli Estensi da Ferrara a Modena, nel 1598, i “porci” acuirono il malumore presente in città e il cronista Spaccini evidenziava che al “duca Cesare, che aveva lasciato a Ferrara palazzi confortevoli ed eleganti non restava che aggirarsi per le strade di Modena tutte merde”  naturalmente a causa dei maiali lasciati liberi per le vie. Insomma, si è trattato nel tempo di una sorta di amore e odio, o meglio disprezzo, di cui oggi non rimane che una scia di sentimenti edulcorati per un animale che rimane comunque tra i più importanti nella nostra cultura.

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