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Mielofibrosi, una nuova terapia grazie al Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” Unimore

Identificata una nuova strategia terapeutica per inibire la fibrosi del midollo osseo in pazienti con mielofibrosi primaria, una neoplasia mieloproliferativa. I risultati dello studio sostenuto da AIRC sono pubblicati sulla rivista internazionale Leukemia del gruppo Nature

La mielofibrosi è un tumore che colpisce le cellule staminali del sangue per la quale non esiste una cura definitiva. La mielofibrosi è caratterizzata dallo sviluppo di tessuto fibroso a livello del midollo osseo, che è la sede di produzione di tutte le cellule del sangue. In conseguenza della fibrosi il midollo osseo perde progressivamente la propria funzione, mettendo a rischio la sopravvivenza dei pazienti.

Una nuova strategia per inibire precocemente la trasformazione fibrotica del midollo osseo arriva dai ricercatori e dalle ricercatrici del Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” di Unimore grazie al sostegno di Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro nell’ambito del programma “5 per mille” dal titolo “MYeloid NEoplasms Research Venture AIRC” (MYNERVA), coordinato da Alessandro Vannucchi, dell’Università di Firenze. MYNERVA è focalizzato sulle neoplasie mieloidi.

I risultati ottenuti dal gruppo di Rossella Manfredini e colleghi, pubblicati sulla rivista Leukemia del gruppo Nature – una delle più importanti riviste ematologiche a livello internazionale –, hanno mostrato che colpendo la proteina osteopontina è possibile interferire con l’evoluzione della fibrosi del midollo osseo. La professoressa Rossella Manfredini è responsabile del programma di Genomica e Trascrittomica del Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” presso Unimore.

“Le attuali terapie non sono in grado di interferire in modo significativo con lo sviluppo di fibrosi midollare che porta a un sostanziale aggravamento delle condizioni cliniche e a una riduzione della sopravvivenza dei pazienti – spiega la professoressa Manfredini –.“L’identificazione di nuove terapie anti-fibrotiche rimane quindi una priorità nella cura della malattia. Per questo studio abbiamo utilizzato in topi di laboratorio con mielofibrosi farmaci già utilizzati in sperimentazioni cliniche con pazienti affetti da diversi tipi di tumore, allo scopo di accelerare il passaggio dei risultati dal banco di laboratorio al letto dei pazienti”.

“In un precedente studio, – aggiunge la professoressa Elisa Bianchi, collaboratrice della ricerca – avevamo scoperto che l'osteopontina, una molecola che favorisce la fibrosi, è significativamente aumentata nel plasma di pazienti affetti da mielofibrosi. In particolare la concentrazione è maggiore nei pazienti con un quadro di fibrosi del midollo osseo più grave e una prognosi peggiore. I risultati ottenuti erano stati pubblicati sulla stessa rivista nel 2018.Sulla base di questi dati ci siamo quindi focalizzati sull’identificazione di nuovi approcci terapeutici volti ad inibire l’attività dell’osteopontina.”

"In laboratorio abbiamo valutato l’effetto di numerosi farmaci, su cellule in coltura ottenute da pazienti con mielofibrosi, – spiega il dottor Sebastiano Rontauroli –. Un numero molto ristretto di farmaci che si sono dimostrati efficaci sulle cellule in coltura è poi stato valutato in topi di laboratorio con mielofibrosi. In particolare, i risultati hanno mostrato una marcata riduzione dei livelli di osteopontina nel plasma e della fibrosi midollare nei topi trattati con un farmaco, l’ulixertinib, selezionato perché in grado di ridurre efficacemente la produzione di osteopontina in cellule in coltura e già utilizzato in sperimentazioni cliniche con pazienti per altre forme tumorali.”

"A ulteriore conferma della rilevanza di osteopontina quale possibile nuovo bersaglio terapeutico – spiega la dottoressa Lara Tavernari – abbiamo inoltre dimostrato che l’inibizione dell’attività -e non solo della produzione- di osteopontina mediante somministrazione di specifici anticorpi monoclonali diretti contro questa proteina determina una marcata riduzione della fibrosi midollare nei topi con mielofibrosi".

"Complessivamente – conclude la professoressa Manfredini – questi dati dimostrano che l’inibizione della produzione o dell’attività di ostepontina può rappresentare un nuovo approccio terapeutico per interferire con lo sviluppo della fibrosi midollare nei pazienti con questa patologia e per lo sviluppo di cure più mirate e precise. Infatti, poiché i farmaci dai noi utilizzati sono ben tollerati in pazienti con altri tipi di tumori, stiamo progettando lo sviluppo di una sperimentazione clinica da iniziarsi appena ottenute le necessarie autorizzazioni.”

“Questo risultato di grande rilevanza scientifica e dal notevole potenziale applicativo, raggiunto dal gruppo della prof.ssa Manfredini – conclude il Prof Michele Zoli, Direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche Metaboliche e Neuroscienze – è la dimostrazione del grande valore scientifico di gruppi di ricerca guidati da docenti del dipartimento e il miglior riconoscimento della politica dipartimentale per lo sviluppo della ricerca.”

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