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Cronaca Via Canaletto

Cause e conseguenze dell'alluvione? La parola al geologo

Abbiamo intervistato il dott. Gilberto Bonaga, geologo e docente di Geologia applicata presso l'Università di Bologna, che fornisce interessanti riflessioni e risposte sul presente e sul futuro delle zone colpite dall'alluvione

Dott. Bonaga, molto si parla delle cause del cedimento dell'argine. La sua opinione?
Da quello che ho potuto vedere, l'argine non è stato scavalcato dall'acqua, ma ha ceduto, franando. É molto probabilmente avvenuto un fenomeno di “sifonamento”: l'acqua si è scavata una via dentro l'argine, provocandone il crollo.
Siccome gli argini sono in funzione da decenni ed hanno resistito a piene di queste dimensioni decine di volte, è molto probabile che in questa occasione, tane di animali (nutrie, gamberi della luisiana...) abbiano contribuito a creare dei percorsi più facili da seguire per l'acqua all'interno dei rilevati, facilitando il lavoro di destabilizzazione degli argini.
É un fenomeno noto e documentato, ma difficile da gestire, se non si interviene con azioni drastiche di controllo della fauna. Purtroppo gli animali che causano danni sono animali che non provengono dal nostro territorio e non hanno competitori naturali, quindi occorre intervenire con campagne di eradicazione fatte dall'uomo. In Inghilterra pare siano riusciti ad eliminare le nutrie, ma ciò ha richiesto una notevole quantità di risorse e di tempo.

Quali interventi imporrebbe una corretta ed esaustiva manutenzione delle arginature? 
Oltre ad una pianificazione corretta della gestione delle acque di piena, con casse di espansione e di laminazione, aree golenali allagabili in caso di emergenza, che sono interventi da pianificare a scala di bacino, sono necessarie periodiche manutenzioni di ripristino di profili di alvei e argini. Va effettuata la pulizia dalla vegetazione che in caso di piena potrebbe essere trascinata via ed accumulata contro opere trasversali al corso d'acqua (ponti, briglie...) trasformandoli in dighe e facendoli crollare. É molto difficile intervenire sui danni creati dagli animali, perchè in superficie non sono sempre ben visibili. Ma si dovrebbero fare ispezioni e controlli per verificare la presenza di tane e buchi ed intervenire dove necessario. Per fare questa opera di controllo, ci vuole personale e non so se ce ne è a sufficienza.
Rendere a prova di “tana di animali” tutti gli argini è semplicemente improponibile da un punto di vista economico. Infatti in nessun paese del mondo viene fatto.

A quanto le risulta, questi interventi sono stati regolarmente realizzati?
Penso di sì, pur con i limiti imposti da finanziamenti non sempre adeguati. A volte alcuni interventi vengono anche ostacolati da un malinteso intento di “preservazione della natura”, dimenticando che la Pianura Padana è dal tempo dei Romani che non è più "naturale", che i fiumi seguono un percorso imposto dall'uomo e non sono più liberi di cambiarlo a piacere e che certi interventi di manutenzione (taglio di alberature, riequilibrio della fauna, riprofilatura degli alvei...) sono necessari, per evitare che l'acqua travolga strutture esistenti.
Uno dei problemi del finanziamento degli interventi di prevenzione è che se questi sono fatti bene non succede nulla, non ci sono allagamenti, non crollano strutture, non si muovono frane... Diventa più difficile da giustificare la spesa di risorse ingenti, se i risultati sono tangibili solo da una ristretta cerchia di addetti ai lavori.  Se si spendono centomila euro per evitare che un ponte crolli, il risultato è meno "visibile" che a spendere un milione di euro per ricostruire un ponte che è crollato. Lo vedono tutti, che il ponte era crollato ed e' stato ricostruito. Se invece resta in piedi, non si ha lo stesso effetto sui non addetti ai lavori. É una sorta di maledizione che contribuisce a rendere "poco appetibili", per chi gestisce i fondi, gli interventi di prevenzione.

Per la sua conoscenza del territorio, è possibile che cedimenti analoghi si ripetano a stretto giro, se si verificassero altre piene nei prossimi giorni?
Sì, ma non chiedetemi dove. Bisognerebbe avere una conoscenza diretta di ogni singolo tratto di argine della pianura. Ma le condizioni necessarie perchè questo problema si ripeta, purtroppo, ci sono tutte.

Il deflusso delle acque diventa ora tema centrale. Come e in quanto tempo il territorio potrà essere prosciugato?
Temo che buona parte delle acque dovranno essere sollevate con pompe nei fiumi e canali esistenti. Il tempo necessario dipenderà ovviamente dalla quantità di pompe che si potranno utilizzare.

Quali conseguenze avrà l'alluvione per i terreni e per gli edifici che su di essi poggiano? Vi sono rischi strutturali?
In teoria sulle fondazioni non dovrebbero esserci conseguenze. Sulle strutture bagnate dall'inondazione, se resteranno sommerse per poco tempo, le conseguenze non dovrebbero essere gravi. Ovviamente ci possono essere casi particolari, di strutture già precarie o in cattivo stato di conservazione fin da prima dell'alluvione, in cui cui ci possono essere problemi.
Fortunatamente non ci sono stati casi di occlusione di arcate di ponti da parte di alberi, detriti e rifiuti trascinati dai fiumi in piena. Sono una delle cose più pericolose che possa accadere. Ricordo l'alluvione del Piemonte del 1994, quando un ponte sul Tanaro prima si intaso' di alberi, trasformandosi in una diga, poi cedette di colpo, rilasciando un'onda di piena alta alcuni metri che che causo' parecchi danni ad Alessandria.

Vi potrebbero essere ripercussioni anche sulle falde e sulla potabilità dell'acqua?
Non molti di più di quelli che ci sono quando piove intensamente.  Non ho letto di episodi di sversamento di materiale inquinante e comunque le falde in cui pescano i pozzi degli acquedotti sono alimentate da infiltrazioni che avvengono ai piedi dell'appennino, ben a monte della via Emilia. Le infiltrazioni che avvengono in pianura interessano quasi esclusivamente la falda più superficiale, quella, appunto, che si ricarica in occasione delle precipitazioni e che viene per lo più sfruttata per scopi irrigui.

Si sente molto parlare di cementificazione, di costruzioni eccessive... 
É vero, si è costruito molto, troppo spesso male e nel posto sbagliato, quando ancora la pianificazione non era così rigorosa come ora. Ora possiamo solo evitare di ripetere quegli errori e cercare di difendere il territorio nello stato in cui si trova ora. Ci costa sicuramente dei soldi e del tempo, ma non abbiamo alternative percorribili.

Alluvione Modena, le immagini aree di Roberto Ferrari

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