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Cronaca

Banda di Corinaldo, dalle intercettazioni emerge un secondo ricettatore

Furti in discoteca, poi la ricettazione di monili nel modenese. Accanto al compro oro di Andrea Balugani emerge la figura di un orefice contattato per un colpo messo a segno a Padova

Scaltri e sprezzanti del pericolo, i sei ragazzi modenesi finiti in manette per la Strage di Corinaldo non conoscevano regole. Da quanto emerge dalle indagini il cerchio sembra essere chiuso intorno a loro, ma, scavando nelle vite dei giovani, i reati a loro imputabili si moltiplicano e si allarga la loro rete di rapporti "professionali" con coetanei e altri soggetti, tutti consapevoli della loro attività illecita e disposti a collaborare, anche se magari per una sera soltanto.

Il loro metodo era consolidato e il loro raggio d’azione ampio e vario. Prediligevano luoghi e locali affollati, dove centinaia di ragazzi attendevano stretti come sardine l’arrivo del loro cantante preferito: il teatro perfetto per quegli attori che non hanno il coraggio di stare sul palcoscenico, che si sentono grandi mentre scappano con qualche collana in tasca tra gente che piange, tossisce, muore.

Tra i vari furti imputati alla banda, ne risalta uno in particolare, che emerge tra gli altri per la presenza di un nuovo “personaggio”: un dipendente di un laboratorio orafo del modenese, preferito in questo caso al ricettatore “di fiducia” – il 65enne Andrea Balugani – poiché esperto di pietre preziose e della lavorazione dei gioielli.

È il 2 giugno scorso quando Andrea Cavallari, a bordo della propria auto con la fidanzata, passa a prendere Souhaib Haddada. La meta è Padova, in particolare un parco comunale denominato “Parco Europa”, dove si stava svolgendo un evento musicale, il “Parco della Musica”. Dopo aver parcheggiato in una strada contigua e aver ordinato all’amica di stare in macchina in caso di necessità, Cavallari e Haddada vanno “in missione”, per poi tornare in macchina trafelati e su di giri: “Scappa! Scappa! Metti in moto! Ci stanno per prendere! […] Vai via, vai via! Investili piuttosto! si sente gridare dalle intercettazioni.

Dopo aver seminato le vittime che si erano date all’inseguimento dei ladri, durante il tragitto verso Modena i ragazzi iniziano a fare stime approssimative di quanto rubato. Dall’ascolto della stessa conversazione prima menzionata, si evince che il bottino ammonta a due monili, uno approssimativamente di “23-24 grammi, mentre l’altro 38” che si identificano in una collana recante il “marchio 750”, a significare il pregio dell’oro appena rubato (18 carati); e in un bracciale (tennis) nel quale sembra siano incastonati “diamantini veri”. Il viaggio continua sull’onda di un toto-guadagno, che si concretizzerà solamente al momento dell’incontro con i ricettatori, programmato due giorni dopo.

Come anticipato, oltre alla figura chiave dell’orafo Andrea Balugani - cui in questa occasione sarebbe spettata la collana d’oro - affiora anche un secondo orafo, impiegato in un altro negozio del modenese, che in questo caso i giovani avrebbero coinvolto per la ricettazione del tennis di diamanti. Il dipendente della gioielleria figura tra gli indagati, ma al momento non sono state mosse accuse specifiche a suo carico: saranno gli accertamenti in corso in questi giorni a far emergere eventuali responsabilità.

Nessuna approssimazione: la banda criminale sapeva bene a chi rivolgersi a seconda dalla refurtiva, segno che la loro rete era vasta. I contatti di cui disponevano gli indagati non finiscono mai di sorprendere, o meglio, sconvolgere.

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