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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Cave e dintorni, i numeri dell'attività estrattiva sul territorio modenese

Su un totale di 42 siti autorizzati, solo 29 estraggono effettivamente ghiaia, sabbia e argille, per un totale di 827mila metri cubi scavati. Cinque i siti recuperati in questi anni dopo la chiusura e 200 i controlli annuali tra quelli ancora attivi

Il Rapporto Ichese sulle cause del sisma emiliano - oltre a fornire materiale poco incisivo ma prelibato per gli amanti delle polemiche - ha contribuito a riaccendere i riflettori sull'attività estrattiva in atto nel nostro territorio. Ben lungi dalle trivellazioni per la ricerca di idrocarburi, l'attività estrattiva della nostra provincia si concentra principalmente sulle cave di ghiaia e sabbia, oltre che alle argille destinate al settore ceramico. Coincidenza ha voluto che proprio in questi giorni la Provincia abbia diffuso alcuni interessanti dati (aggiornati al 2012), in base ai quali le cave autorizzate risultano essere 48, due in meno rispetto al 2011 e 11 in meno rispetto al 2008. Tuttavia, solo in 29 di queste sono state effettuate estrazioni di materiale. I quantitativi scavati sono arrivati a 827mila metri cubi (erano 1,2 milioni nel 2008, poi calati a 781 mila nel 2010 e risaliti a 943 nel 2011): di questi 682 mila sono costituiti da ghiaie e sabbie, il resto da materiale da cave di monte (16 mila metri cubi), sabbie per ceramiche (104 mila) e argille per ceramiche (23 mila).

I fabbisogni previsti nel 2009 tenevano conto della necessità di fornire i materiali estrattivi per alcune opere viarie importanti tra cui la Cispadana, la terza corsia dell’Autobrennero e la bretella Campogalliano-Sassuolo che devono ancora partire. Dalla fotografia del 2012 emerge che delle 48 cave autorizzate, 42 sono relative a sabbia e ghiaia, due argille per ceramiche, una argille per laterizi, due materiale da cave di monte e una sabbia per ceramiche. 

Nella relazione sono forniti anche i dati della distribuzione sul territorio delle 29 cave attive: quattro a Modena (come nel 2011), otto a S.Cesario sul Panaro (sei nel 2011), Sassuolo cinque (erano 12 nel 2011), due a Formigine, Pavullo, Prignano e Spilamberto, una a Campogalliano, Castelfranco Emilia, Palagano e Zocca. Le ditte impegnate nell’attività nel modenese sono 21 nel 2012, erano 25 nel 2011 contro le 27 del 2010 e le 35 del 2008. Nella relazione sulle attività estrattive una parte è dedicata agli impianti di lavorazione, i frantoi, che sono diminuiti in questi ultimi anni da 33 a 28, per effetto delle demolizioni previste dal Piano provinciale.

RECUPERI - Nella relazione dell’Osservatorio sulle attività estrattive viene riportata anche l’attività di recupero delle cave dimesse, un obbligo per i cavatori previsto dalla legge regionale e dal Piano provinciale. L’obiettivo è quello di assicurare un adeguato ripristino ambientale con  la restituzione dell’area recuperata alla collettività. Nel 2012 sono state concluse le opere di ripristino in dieci cave distribuite in cinque comuni (Modena, Castelfranco Emilia, S.Cesario sul Panaro, Frassinoro e Fiorano), mentre nel 2013 sono stati conclusi un ripristino completo e uno parziale in due cave a S.Cesario sul Panaro. Complessivamente dal 2008 al 2013 sono state collaudate 26 cave esaurite, recuperate prevalentemente con nuovi rinaturalizzazioni e rimboschimenti.

MONITORAGGIO - Nel 2013 i sopralluoghi svolti dai tecnici della Provincia di Modena sulle cave attive nel territorio modenese sono stati oltre 200, comprensivi anche dell’attività di Polizia mineraria per la verifica delle misure di sicurezza in cava. Dai controlli è emerso il sostanziale rispetto della normativa senza violazioni particolarmente gravi: nessuno scavo senza autorizzazione o fuori dai limiti prescritti, né danni ambientali come la contaminazione di falde acquifere. Tra le inosservanze più frequenti figurano gli scavi non conformi a quanto previsto dal piano di coltivazione con una decina di casi sanzionati dai Comuni; sono state rilevate anche alcune non conformità alle norme di Polizia mineraria a seguito delle quali sono stati assunti specifici provvedimenti di diffida. In alcuni casi sono stati rilevati ritardi nella realizzazione delle opere di sistemazione morfologica e vegetazionale, una carente cartellonistica e una inadeguata accessibilità alle cave per l’incompletezza delle recinzioni.

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