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Cronaca Strada Sant'Anna / Strada Sant'Anna

Rivolta al Sant'Anna, la Commissione ministeriale non esclude violenze da parte degli agenti

Le cause scatenanti delle rivolte, il costo della ricostruzione, le indagini ancora in corso: ecco quanto emerso dalla relazione della Commissione ispettiva del Dap sulle rivolte nelle carceri italiane

Nel luglio scorso è stata costituita dal DAP – il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia, una Commissione ispettiva che avrebbe dovuto far luce sull’escalation di violenza verificatasi nei primi mesi del 2020 in diverse carceri italiane, tra cui la Casa Circondariale Sant’Anna di Modena.

Secondo il provvedimento istitutivo della Commissione, la stessa aveva il compito di indagare non solo sulle motivazioni all’origine delle rivolte, ma anche “sui comportamenti adottati dagli operatori per ristabilire l’ordine e la sicurezza e su eventuali condotte irregolari o illegittime poste in essere”.

La capacità della Commissione di esperire quest’ultimo compito con doverosa imparzialità era stata messa in dubbio da più fronti alla luce della composizione “interna”, che – seppur di indubbia professionalità - rimaneva priva di personalità super partes. Ad attenuare le perplessità sorte “in casa” sul fatto che chi fosse stato responsabile del trasferimento dei detenuti dopo la rivolta potesse indagare sulla rivolta stessa, ci ha pensato la suddivisione adottata in sede di lavori: del Carcere di Modena infatti, si sono occupati la Dott.ssa Francesca Romana Valenzi (dirigente Ufficio detenuti e trattamento del ministero di Giustizia) e il Dott. Paolo Teducci (sostituto del comandante del Carcere di Lecce Riccardo Secci) con la collaborazione del Dott. Luigi Ardini (comandante del carcere romano di Rebibbia) e la supervisione del Presidente della Commissione Sergio Lari, ex Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Caltanissetta.

Le presunte violenze dopo la rivolta

Relativamente al comportamento tenuto dagli agenti di Polizia Penitenziaria nel corso (o meglio, al termine) delle rivolte dell’8 marzo 2020 – su cui, ricordiamo, è in corso una complessa inchiesta da parte della Procura di Modena, che vede iscritti nel registro degli indagati per reati di lesioni aggravate e tortura, almeno quattro agenti della polizia penitenziaria – i commissari, senza sbilanciarsi, affermano qualcosa di molto importante: che nessuna ipotesi può essere esclusa. Si legge infatti che “sono residuati dubbi di non poco momento per quanto riguarda l’ipotesi che da parte della Polizia Penitenziaria possano esservi state violenze in particolare ai danni di un gruppo di detenuti nella fase prodromica al trasferimento in altri istituti”.

Ipotesi che, se confermata, collimerebbe con le dichiarazioni rilasciate da un agente al giornalista de Il Domani Nello Trocchia, secondo cui “una volta portati fuori alcuni carcerati, resi precedentemente inoffensivi, sono stati picchiati da alcuni colleghi", proprio prima che fossero trasferiti in altri istituti.

Mancando però testimonianze certe, ed in assenza di una risposta dalla Procura di Modena a fronte della richiesta di filmati prodotti da Polizia di Stato e Polizia Penitenziaria, la Commissione si dice “non in grado di esprimere un’autonoma valutazione su quanto accaduto”.

Nella relazione della Commissione, è ribadito più volte che per esprimersi sulle presunte brutalità non si possa prescindere da una verifica giudiziale, eppure altrettante volte è fatto richiamo all’impossibilità di escludere l’eventualità violenta: “il giudizio ampiamente positivo sul comportamento tenuto dal personale penitenziario merita, tuttavia, di essere sospeso in attesa che il quadro probatorio si chiarisca con riferimento alla rivolta verificatasi presso la Casa Circondariale di Modena”.

Le ragioni delle sommosse

Ma le ipotesi relative alle violenze che alcuni detenuti avrebbero subito prima di essere trasferiti in altre carceri, non sarebbero l’unico elemento di novità emerso dalla relazione. E’ doveroso ricordare, che il trasferimento dei detenuti presso altri istituti penitenziari era stato reso necessario dalla totale devastazione della Casa Circondariale Sant’Anna in seguito all’insurrezione: danni che, secondo quanto calcolato dai commissari, ammonterebbero ad 1.693.954,23 euro.

Oltre un milione e mezzo di euro per riparare il disastro attribuito (com’era stato ipotizzato in prima battuta) all’esplosione di un malcontento generalizzato e radicato, riconducibile al sovraffollamento (stimato del 52%), alle ulteriori restrizioni imposte dall’avanzare della pandemia ed al timore di contrarre il virus.

Si legge infatti che “è da escludersi che vi sia stata regia esterna, in specie da parte della criminalità organizzata, che abbia in qualche modo guidato i rivoltosi”; congettura iniziale pian piano dimenticata che voleva dare una spiegazione alla velocità con cui i rivoltosi si erano organizzati tra diverse sezioni dello stesso carcere ed addirittura carceri diversi.

È bene ricordare infatti che il lavoro della Commissione non ha riguardato solo i fatti del Sant’Anna – sebbene chi scrive vi si stia concentrando – bensì, ha preso in esame 22 istituti penitenziari, in ognuno dei quali, a cavallo dell’episodio modenese, si sono verificati episodi rivoltosi di non poco conto.

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