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Cronaca

Denaro e salumi all'ex giudice in cambio di favori condannato Sante Levoni

Il noto imprenditore delle carni condannato ad un anno e sei mesi, con sospensione della pena. A lui e a vari imprenditori e titolari di società consulenze "proibite" in merito a ricorsi pendenti col fisco

Si chiude con sette condanne a pene fino a tre anni e nove mesi, a Bologna, il processo di primo grado a carico di 13 persone accusate a vario titolo di corruzione, accesso abusivo a sistema informatico e rivelazione di segreto d’ufficio. Tra gli imputati figuravano il giudice tributario Carlo Alberto Menegatti, nel frattempo deceduto, e Sante Levoni, titolare di una ditta modenese di salumi (condannato a un anno e sei mesi), oltre a vari professionisti e dipendenti di Agenzia delle Entrate ed Equitalia.

Il processo, che si è svolto davanti al collegio presieduto dal giudice Pier Luigi Di Bari, nasceva da un’inchiesta su un giro di consulenze ‘proibite’ fornite da Menegatti, componente della Commissione tributaria dell’Emilia-Romagna, a vari imprenditori e titolari di società in merito a ricorsi pendenti col fisco. Secondo gli investigatori, coordinati dal procuratore aggiunto Morena Plazzi, le consulenze erano state fornite, tra l’estate 2015 e il 2016, non solo in cambio di denaro, ma anche di “prodotti alimentari di elevato valore commerciale”. Levoni, in particolare, era accusato di aver regalato salumi e di aver promesso somme di denaro in cambio della consulenza illecita di Menegatti, a proposito sia della decisione dell’imprenditore di trasferire la residenza dall’Italia al principato di Monaco, sia di alcuni accertamenti fiscali a carico della società Globalcarni. Procedimenti per i quali, secondo la Procura, Menegatti “si attivava per fornire informazioni riservate in merito alla sezione e ai giudici assegnatari” del contenzioso. Nel dettaglio, un’imputata è stata condannata a tre anni e nove mesi, un altro a due anni, altri tre a un anno e nove mesi e altri due- tra cui Levoni- a un anno e sei mesi.

Per tutti loro, tranne che per l’imputata condannata a tre anni e nove mesi, sono state disposte la sospensione condizionale della pena e la non menzione. I restanti sei imputati sono invece stati prosciolti, in alcuni casi assieme ad alcuni dei sette condannati per altre accuse, con varie formule. In particolare, quattro sono stati assolti dalle accuse a loro carico perché il fatto non sussiste, quindi con formula piena, e un altro è stato dichiarato non punibile per la particolare tenuità del fatto che gli veniva contestato. Quanto a Menegatti, è stato assolto da una parte delle accuse a suo carico perché il fatto non sussiste, mentre per altre contestazioni (quelle per cui sono stati condannati Levoni e altri imputati) è stato dichiarato il non doversi procedere, in quanto i reati sono estinti per morte dell’imputato.

Uno dei sette condannati dovrà poi risarcire, con una somma che verrà decisa in sede civile, l’Agenzia delle Entrate, mentre gli altri sei dovranno rifondere, anche in questo caso con una somma da stabilire in un giudizio civile, il Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria. Tutti e sette dovranno poi pagare le spese processuali alle parti civili, quantificate in 4.500 euro. Infine, per uno di loro è scattata l’interdizione dai pubblici uffici per un anno e sei mesi, mentre Levoni e altri cinque sono stati dichiarati “incapaci a contrattare con la Pubblica amministrazione per la durata della pena principale” inflitta per i reati di corruzione. Ora bisogna attendere le motivazioni della sentenza, che verranno depositate nel giro di 90 giorni.

(DIRE)

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