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Venerdì, 19 Aprile 2024
Cronaca

Una condanna per stalking e maltrattamenti che non si sconterà in carcere (forse)

La novità sulle pene sostitutive apportata dalla Riforma Cartabia si riflette su un processo giunto a sentenza presso il Tribunale di Modena questa mattina

Un 50enne di origine straniera, residente nell'Appennino modenese, è stato condannato in primo grado a tre anni di reclusione per stalking e maltrattamenti nei confronti della moglie, sua coetanea. 

La sentenza arriva all'esito di un giudizio abbreviato terminato a un anno dall'inizio del procedimento e porta con sè una novità rivoluzionaria, da ricercarsi nella possibilità che la pena detentiva cui l'uomo è stato condannato si converta in una pena sostitutiva. 

Il Giudice dell'Udienza Preliminare infatti, dopo aver emesso la sentenza di condanna, ha fissato per il marzo prossimo un'udienza nella quale deciderà, programma di trattamento alla mano, se confermare il dispositivo o integrarlo sostituendo la pena detentiva con la semilibertà, la detenzione domiciliare o il lavoro di pubblica utilità. 

La decisione odierna, resa possibile dall'intervenuta "Riforma Cartabia", se venisse avallata da un'effettiva sostituzione della pena segnerebbe una svolta nella prassi giudiziaria, sulla quale ancora - comprensibilmente - stentano a vedersi i riflessi della recente e corposa riforma. 

Il ruolo della "Riforma Cartabia" nel processo modenese

La cosiddetta Riforma Cartabia ha apportato significative modifiche al diritto processuale penale ed in particolare, per quanto in questo caso interessa, alla disciplina del sistema sanzionatorio introducendo formalmente nel codice penale le "pene sostitutive delle pene detentive brevi", dove per "brevi" si intende "inferiori a quattro anni". La ratio di tale modifica risiede nella constatazione dell'inefficacia pratica della carcerazione breve, ritenuta da più parti desocializzante o addirittura criminogena, e dunque lontana dalla rieducazione del condannato cui dovrebbe tendere la pena.

Con questo intervento legislativo, chi viene condannato ad una pena detentiva non superiore a quattro anni potrà vedersela sostituita con la pena della semilibertà o della detenzione domiciliare; chi viene condannato ad una pena detentiva non superiore a tre anni avrà in aggiunta la possibilità del lavoro di pubblica utilità (come nel caso di specie); mentre la pena pecuniaria potrà sostituire soltanto una pena detentiva inferiore ad un anno.

Ai fini della decisione sulla pena sostitutiva, il giudice può avvalersi, come in questo caso, dell'elaborazione di un programma di trattamento da parte dell'Ufficio Esecuzione Penale Esterna, che svolge un ruolo chiave nel determinare quella che potrà essere una pena volta all'effettivo reinserimento sociale del condannato. 

E' inoltre da tenere presente che secondo il nuovo articolo 544-bis del codice di procedura penale, l'imputato deve acconsentire alla sostituzione: consenso che fa pensare, almeno in linea teorica, che si riducano le probabilità di impugnazione della sentenza in appello. Quindi, nel caso del 50enne condannato dal Tribunale di Modena, se a marzo il giudice deciderà di sostituire i tre anni di reclusione cui l'imputato è stato condannato con una pena sostitutiva, salvo impugnazioni, quest'ultima sarà immediatamente tradotta in realtà.

Si rinuncia così ad una carcerazione eventuale e futura per dare spazio ad una pena più certa e verosimilmente più efficace, meno restrittiva della libertà personale e maggiormente volta alla rieducazione e risocializzazione del condannato, a beneficio non solo dello stesso ma auspicabilmente anche della collettività. 

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