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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Cronaca Castelfranco Emilia

Carcere: detenuti clandestini chiedono espulsione, ma lo Stato d'origine li rifiuta

Un gruppo di stranieri irregolari detenuti nella Casa Lavoro di Castefranco Emilia restano dietro le sbarre nonostante abbiano chiesto di essere rimpatriati. E' uno dei casi controversi della discussa struttura modenese, visitata dal Garante nei giorni scorsi

Un piccolo nucleo di internati stranieri irregolari (circa una decina) per i quali, nell’assenza di percorsi di regolarizzazione praticabili e di una rete di riferimento all’esterno, è altamente probabile che possano mancare alla Magistratura di sorveglianza elementi idonei a fondare un giudizio di cessata pericolosità sociale, con conseguente proroga della misura di sicurezza. Sono irregolarmente presenti in Italia e hanno presentato, nel corso dell’internamento, istanze per la sostituzione della misura di sicurezza attuale con l’espulsione dallo Stato, ma non vengono riconosciuti dal Paese di provenienza oppure potrebbero essere oggetto di persecuzione in ragione delle attuali condizioni politiche del Paese, come ad esempio la Siria.

E' questo uno dei tanti spaccati della casa-lavoro di Castelfranco Emilia, la struttura carceraria di rieducazione e reinserimento che da molti anni ormai è al centro di pesanti critiche per la scarsa efficacia. Un tema ripreso oggi anche da Desi bruno, il Garante per i detenuti della Regione Emilia-Romagna,  dopo l'ennesimo sopralluogo a Castelfranco avvenuto la scorsa settimana.

Una casa-lavoro dove “il quadro relativo alla possibilità di lavorare all’interno della struttura rimane sconfortante” perché “risultano insufficienti i progetti di lavoro effettivo e remunerato, lavorando le persone per lo più alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e a rotazione, mentre solo pochi internati sono impiegati nell’azienda zootecnica e nel lavoro agricolo e delle serre, che dovrebbero essere la vera ricchezza della struttura”. Sono comunque stati attivati 3 corsi di formazione professionale per 15 persone ciascuno: uno da elettricista, già ultimato, uno da agricoltore e uno di teatro.

“Senza l’avvio di attività lavorative all’interno, anche con il coinvolgimento della società esterna, continuerà a mancare il lavoro che dovrebbe essere proprio il presupposto stesso dell’esistenza della struttura, avendosi un evidente spreco delle potenzialità a disposizione, che vanno dal ricco patrimonio agrario, una superficie di 22 ettari, a quello degli spazi laboratoriali a disposizione, da anni ormai del tutto inutilizzati”, commenta la Garante regionale, Desi Bruno.

Inoltre, riporta Bruno, è stato segnalato che da quando è entrato in funzione il nuovo sistema con tessera telefonica per effettuare le chiamate ai familiari, il costo della singola telefonata sarebbe raddoppiato. Della questione sarebbe, secondo quanto riferito, già stato investito il magistrato di sorveglianza territorialmente competente. 
Come noto però, ricorda la Garante, perdura la vacanza del magistrato di sorveglianza di Modena, attualmente per ragioni di ordine personale, che ha competenza territoriale sulla struttura, il cui ruolo è temporaneamente affidato, in supplenza, ad altri magistrati di sorveglianza che ne espletano, a turni tendenzialmente mensili, le funzioni.  Da agosto 2014, l’Ufficio del Garante ha segnalato la questione al Ministero della Giustizia, al Consiglio superiore della Magistratura e ai parlamentari eletti in Emilia-Romagna, da quando cioè non viene garantita la piena operatività dell’Ufficio di sorveglianza di Modena, mancando, nei fatti, il magistrato di sorveglianza con la titolarità della funzione.

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