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Cronaca Vignola

Delitto di Vignola, il Gup: "Don Giorgio non premeditò omicidio"

Depositate le motivazioni della sentenza di condanna di Don Giorgio Panini a 20 anni di carcere: secondo il Gup Domenico Truppa, il sacerdote non premeditò l'omicidio di Sergio Manfredini compiuto il 23 dicembre 2009

Secondo il Gup di Modena Domenico Truppa, Don Giorgio Panini non premeditò l'omicidio di Sergio Manfredini, 67 anni, l'amico che lo ospitava, ucciso a coltellate la notte del 23 dicembre 2009 a Brodano, Vignola. Ciò emerge dalle motivazioni della sentenza di condanna del religioso, al quale nel luglio scorso è stata inflitta una pena di vent'anni in rito abbreviato.

MOTIVAZIONE - Secondo il Gup, non ci sono prove del fatto che il delitto fosse stato preparato da don Panini. Nel corso del processo, si è appurato che la sveglia del parroco 58enne non era puntata alle 3 del mattino, circostanza che avrebbe dimostrato l'idea di alzarsi per aggredire la vittima, bensì alle 3 del pomeriggio, orario in cui don Panini era solito terminare il riposo dopo pranzo.

TANICA DI BENZINA - Sempre nelle motivazioni della sentenza, viene evidenziato come la tanica di benzina trovata nel bagagliaio dell'auto del sacerdote fosse stata acquistata da un parrocchiano, elemento che rende poco probabile poi l'utilizzo del carburante per bruciare gli abiti usati al momento dell'aggressione mortale. Il Gup osserva anche che l'assassino indossò guanti e sciarpa per proteggere se stesso più che per scappare, dato che venne arrestato di lì a poco in calzini, senza ciabatte né scarpe. È stato poi riconosciuto il fatto che il parroco stesse vivendo un periodo di stress, ma non tale da renderlo incapace di intendere e di volere come invece sosteneva la difesa.

MEMORIA - Don Panini ha affermato di non ricordare il momento dell'uccisione e di avere ricordi vaghi della notte in cui l'ha commesso. Il Gup di Modena precisa poi nelle motivazioni come l'autore dell'omicidio abbia scritto diverse lettere alla moglie della vittima, Paola Bergamini, e a loro figlio Davide (entrambi rimasero feriti cercando di difendere Manfredini la notte del delitto) mostrandosi del tutto pentito e incapace di capire come avesse potuto compiere quello che ha fatto. Anche per questo, unitamente al fatto che il religioso si era comunque mostrato attento alla propria comunità nel periodo precedente l'assassinio, ha portato a concedergli le attenuanti generiche. I trent'anni di pena così computati si sono ridotti a venti per effetto dello sconto del rito abbreviato.

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