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Cronaca

Amanda Knox: "Io, colpevole fino a prova contraria sul palcoscenico mondiale"

Amanda Knox, ospite del dibattito sul processo mediatico al Festival della Giustizia Penale, racconta la sua verità tra accuse, denigrazioni e false verità

Telecamera in spalla, microfono in mano e computer infilato chissà dove. Sono decine i giornalisti -italiani e non- che affollano i corridoi del Forum Monzani attendendo l'arrivo dell'ospite più discusso di questa prima edizione: Amanda Knox. Prima che sia possibile accorgersene, la Knox entra nella sala gremita, e si siede composta sistemandosi il vestito rosa confetto.

Introduce il dibattito sul processo mediatico il Presidente della Camera Penale di Modena, Guido Sola. Il tono è deciso, e già dalle prime battute si intuisce che, per i i suddetti "muletti" dell'informazione non saranno parole facili da dimenticare. "Se l’errore è in natura, è in natura altresì l’errore giudiziario. La verità assoluta non esiste. Ma il fine ineludibile del processo penale resta quello del raggiungimento della verità" esordisce. "Ma cosa significa conoscere? Quanti tipi di conoscenza esistono?" continua "certamente c’è una conoscenza profana, che è quella extraprocessuale, che marca i cittadini. Poi c’è quella giudiziaria, processuale. Marca gli snodi tramite i quali il giudice rcostruisce la vicenda processuale. Accanto a queste due forme vi è una terza forma, la conoscenza mediatica. La conoscenza mediatica è quella forma di conoscenza che aggrava lo scollamento che tradizionalmente esiste tra la conoscenza profana e la conoscenza giudiziairia. È quella forma che contribuisce a deformare la realtà processuale". La conoscenza mediatica: le antenne si rizzano, ecco introdotto il tema cruciale del dibattito di oggi. "Probabilmente però non ci rendiamo conto [...] che il non padroneggiare fino in fondo gli strumenti del processo penale cagiona una serie di problemi importanti, primo tra tutti la correlazione illusoria. Se io mi convinco, perché ho letto i giornali, che tizio è colpevole, ogni volta che verrà portata alla ribalta la vicenda processuale tenderò a notare le associazioni che mi permetteranno di arrivare alle conclusioni che ho già tratto nella mia testa. Noi viviamo di pregiudizi, lo afferma la scienza". Sola continua fornendo al pubblico dati e focalizzandosi sul fatto che quello che dai media viene definito "imputato", nella realtà è una persona vera.

Quando tocca quest'ultimo punto, sul grande schermo che sovrasta i relatori appare il viso, visibilmente provato, di Amanda Knox. Arriva il suo turno. Si alza, e con una voce che non riesce a nascondere l'emozione inizia il suo discorso. "Questo è il mio terzo soggiorno in Italia. Il primo è stato quando avevo 14 anni, quando con la mia famiglia mi sono stretta in un minivan per viaggiare, è stato in quell'occasione che mi sono innamorata dell'Italia. Quando sono venuta a 20 anni ho invece incontrato la tragedia e la sofferenza. Nonostante ciò, o forse per questo, l'Italia è diventata parte di me. Sono tornata questa terza volta perché lo dovevo fare, perché sono stata invitata da Itay Innocence Project e perché una volta sentivo questo paese come una casa e spero di sentirlo di nuovo cosi un giorno". 

In lacrime confessa le sue paure "Tanta gente pensa che sia pazza a venire qui, che non è sicuro, che sarò attaccata e falsamente accusata. Ho paura oggi, adesso di essere molestata, derisa, incastrata: ho paura che nuove accuse mi verranno rivolte perché oggi vengo qui a dire la mia versione dei fatti. Ma soprattutto temo che mi mancherà il coraggio. So che nonostante le mie assoluzioni rimango una persona controversa a cospetto dell’opinione pubblica".

Con questo si collega all'introduzione dell'Avv. Sola, alla correlazione illusoria. "Il fatto che ancora oggi, dopo una sentenza di assoluzione della Corte di Cassazione, alcuni abbiano affermato che solo con la mia presenza stia profanando la memoria di Meredith; e  il fatto che io continui ad essere ritenuta responsabile in questo modo, dimostra quanto possono essere potenti le dichiarazioni false, specialmente quando quando sono rinforzate dai media". "Rudy Guede è stato catturato, processato e condannato: eppure un numero sorprendente di persone non ha mai sentito il suo nome. Questo perchè i media hanno incentrato l'attenzione su di me. Come mai? Con i furgoni della tv ammassati davanti alla nostra casa i poliziotti erano sotto una pressione immensa, che chiedeva loro di arrestare al più presto un colpevole. Hanno deciso di indagarmi. Questa decisione non era basata su prove fisiche, testmonianze: non era basata su nient'altro che un’intuizione investigativa".

La Knox continua sottolineando come i media avrebbero potuto svolgere un'attività di supporto, mentre -dal suo punto di vista- non hanno fatto altro che fomentare quelle idee che facevano loro più comodo, la storia più avvincente, quella che avrebbe fatto più audience. "I media sono forse la nostra prima linea di difesa contro le autorità che frettolosamente ci privano della nostra libertà. In quel momento i giornalisti avrebbero potuto chiedere:'avete arrestato tre persone, in base a quali prove'? Così facendo i media avrebbero potuto incentivare la polizia a tirare i freni. Invece i media hanno pompato il gas. Senza prove fisiche e incriminanti, gli investigatori mi hanno inserito in una loro teoria. I giornalisti mi hanno ribattezato Foxy Knoxy. I media si sono impegnati in speculazioni sfrenate. Sul palcoscenico mondiale io non ero un’imputata innocente fino a prova contraria. Ero una furba psicopatica, sporca e drogata, pu*****, colpevole fino a prova contraria". Usa parole forti, ne è consapevole. Non un sospiro, il pubblico la ascolta in silenzio."Io avevo fiducia che la mia innocenza mi avrebbe rivendicata. Poi ho sentito il giudice pronunciare la parola colpevole, il verdetto mi è caduto addosso come un peso schiacciante".

Prosegue raccontando il tempo passato in prigione. Quattro anni, non facili, durante i quali racconta di essere addirittura arrivata a meditare sul suicidio. Si commuove raccontando dell' incontro col padre e di Don Saulo, il cappellano del carcere, che descrive come un punto di riferimento: "È stato un esempio per me. Mi ha insegnato a coltivare una mentalità comprensiva". Forte di questa acquisizione, la Knox lancia un appello tanto importante quanto inaspettato: "Sto pensando spesso al PM Mignini. Vorrei incontrarlo faccia a faccia, fuori dall'aula di interrogatorio, dove eravamo il buono e la cattiva. Per me era una figura da incubo, un mostro: un uomo potente e spaventoso che aveva solo un obietivo, quello di distruggere la mia vita. Ora so che questa immagine è sbagliata. Un'immagine piatta. Come Foxy Knoxy. E questo me lo hanno fatto capire i media. Nel documentario di Netlifx ho visto un uomo con ambizioni, un uomo che aveva la volontà di rendere giustiza ad una famiglia distrutta".

Poi racconta del suo incontro con Innocence Project, di quanto le abbia cambiato la vita e di come tramite questo progetto sia riuscita a trovare persone che condividevano una situazione simile alla sua, che ogi definisce "fratelli".  Finisce il suo discorso, le prime file della sala si alzano in piedi per applaudirla. 

Prende così la parola la moderatrice Raffaella Calandra, che le pone una domanda scomoda, tanto scomoda che dal pubblico si alza una voce che -con una finezza dimenticata- esclama "che domanda di m****!". La questione è questa: "Si è scagliata contro il mondo dei media accusandoli di aver tratto profitto dalla sua storia, ma questa è una cosa che ha reso “famosa"anche lei. Ha tratto anche lei beneficio economico da questa vicenda?". La risposta della Knox: "Non sono stata pagata per essere qua".

Dopo alcune domande, la parola passa agli altri relatori: Andrea Mascherin (Presidente del Consiglio Nazionale Forense), Vinicio Nardo (Presidente dell'Ordine degli Avvocati di Milano) e Michela Cagossi, rappresentante di Italy Innocence Project che ha organizzato l'intervento di Amanda Knox. Riprendono i temi trattati in maniera autorevole e concisa, e soprattutto una frase rieccheggia nella sala: "I giudici italiani fanno sentenze in nome del popolo italiano e non in nome della volontà del popolo italiano". Applausi. La conferenza è finita. 

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