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Cronaca

Scambiano il colchilo autunnale per zafferano, famiglia intossicata

Padre, madre e figlio ricoverati al Policlinico dopo aver ingerito gli stami di un fiore velenoso. Dimessi ieri, ora stanno bene. I medici: “Non improvvisatevi esperti di piante, il rischio è enorme”

Anche Modena ha avuto il suo caso di avvelenamento da colchicina a causa del colchico autunnale (Colchicum Autumnale), il cosiddetto zafferano bastardo, la pianta erbacea bulbosa della famiglia delle Liliacee che germoglia in autunno con un fiore rosa-violaceo (in foto a destra), molto simile allo zafferano. Una famiglia residente nella nostra Provincia – padre (anni 59), madre (anni 58), figlio (anni 26) - mercoledì scorso, 13 settembre, si è rivolta al Pronto Soccorso del Policlinico di Modena lamentando sintomi da gastroenterite che, invece, celavano un avvelenamento da colchicina, raccolta nei boschi di San Clemente, frazione di Monterenzio (BO) e consumata in un risotto la sera prima. Tutti e tre sono stati ricoverati in Osservazione Breve Intensiva, grazie alle cure, ora stanno bene e sono stati dimessi.

“Il Colchicum autunnale – spiega il dottor Antonio Luciani, Direttore del Pronto Soccorso del Policlinico – è un’erba velenosa altamente tossica che, come dice il nome, è diffusa in questa stagione. Non bisogna toccare né il fiore né la pianta perché il solo contatto può causare danni alla pelle. Se viene ingerita provoca bruciore alle mucose, nausea, vomito, coliche, diarrea sanguinolenta fino al delirio e alla morte. L’avvelenamento colpisce l’apparato digerente, biliare, respiratorio, cardiovascolare, renale, sul sistema nervoso e sulle ghiandole endocrine. In seguito a un’intossicazione acuta la morte avviene tra le 7 e le 48 ore”.

Per la colchicina non esistono antidoti specifici e, a differenza di altri veleni non è possibile eliminarla con la dialisi. “In un caso come questo – ha aggiunto Luciani – decisivo è stato l’intervento terapeutico precoce che abbiamo effettuato assieme ai colleghi della Terapia Intensiva. In particolare abbiamo effettuato gastrolusi, cioè la lavanda gastrica, abbiamo somministrato il carbone vegetale, che consente di assorbire la tossina dal tratto gastro enterico e forzato la diuresi per smaltire la tossina. Un’azione di forza, immediata, che ha consentito di invertire una prognosi che, purtroppo, è frequentemente infausta”.

La pianta viene scambiata per zafferano perché i due fiori sono molto simili. Il fiore colchico, però, ha 6 stami, lo zafferano ne ha solo 3. In foglia, la colchicina può essere scambiata per Aglio ursino. “Il consiglio – prosegue Luciani - è evitare di raccogliere piante, se non si conoscono alla perfezione. Anche se si sopravvive alla fase acuta dell’avvelenamento, gli effetti tossici della colchicina possono durare nel tempo e portare anche complicanze neurologiche o al sangue, causando forti anemie o calo di piastrine. Si tratta, insomma, di un rischio davvero eccessivo da correre. Non improvvisatevi esperti di piante, il rischio è enorme.”

Nel caso dello zafferano il consiglio dei sanitari è quello di non rischiare il fai da te che. Per ogni dubbio, comunque, sull’uso alimentare delle piante l’Azienda Usl di Modena ha attivo il Servizio Igiene degli Alimenti e della Nutrizione (SIAN) che si occupa della sicurezza degli alimenti di origine non animale, comprese le funzioni di Ispettorato micologico. Ha sedi in tutta la Provincia (Modena, Carpi, Mirandola, Pavullo, Sassuolo e Vignola).

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