L'aceto balsamico tradizionale di Modena è considerato da chi vive in queste terre una sorta di "oro nero" nostrano. Di fatto il suo valore sia economico che qualitativo non è solo elevato, ma eccelle, e le sue botti più antiche hanno a volte sono inestimabili quanto la Gioconda. Tuttavia, non tutti sanno come mai viene chiamato aceto balsamico tradizionale e non solo aceto tradizionale. Lo scopriremo in questo viaggio tra la corte Estense e gli effetti positivi del nostro oro nero. 

E' evidente che il processo che permette di ottenere l'aceto balsamico tradizionale non sia dato dalla casualità, ma si tratti invece del risultato di un processo curato nei minimi dettagli. Ciò spiega come mai il primo documento che afferma l'esistenza di questo prodotto è risalente al 1112, quando venne donato l'aceto al convento di Sant'Appollonio di Canossa. Ma già nel 1046 il duca di Franconia, Enrico III, in viaggio verso Roma chiese di "Quell'aceto tanto lodato".

Con la fine dell'epoca delle signorie e le costituzioni degli stati-monarchici italiani, gli Estensi divennero i veri detentori dell'aceto balsamico tradizionale, con le loro botti private all'interno del palazzo ducale. Gli Este erano soliti offrire ai commensali più importanti questo prodotto, e diversamente da come potremmo immagine, non per condire gli alimenti, ma a fine pasto come fosse un digestivo. 

Infatti, all'epoca vi erano diversi aceti balsamici, ossia speziati o aromatici, capaci di depurare il corpo. Tuttavia, quello di Modena era riconosciuto il migliore tra essi. Per dimostrare quanto questo uso fosse comune tra i ceti sociali più ricchi, basti pensare che era utilizzato come antisettico, ovvero per comabttere il mal di gola.  Più balsamico di così!