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Cronaca

Festività, gli auguri di Pasqua del vescovo Erio Castellucci

Un messaggio ai fedeli cattolici e a tutta la città da parte dell'Arcivescovo di Modena e Nonantola, alla vigilia del Triduo Pasquale

Per tutti, cristiani e appartenenti ad altre religioni, credenti e non credenti, la Pasqua è un segno incoraggiante. Legata fin dall’inizio della sua celebrazione al risveglio primaverile della natura, alla fioritura delle piante dopo l’inverno, al progressivo allungamento del giorno rispetto alla notte, la Pasqua è richiamo alla vita che vince la morte, alla luce che vince il buio, ai profumi che ricominciano a spandersi sul terreno.

Coloro che credono in Cristo risorto danno alla Pasqua un significato ancora più profondo: è la risurrezione dopo la morte. Un fatto che al di fuori della fede è incredibile; una speranza che sembra contraria alla realtà, eppure sostiene l’esistenza di milioni di persone. Noi credenti siamo convinti che se la morte fosse la fine di tutto, la nostra vita terminerebbe in un vuoto senza senso, si risolverebbe in un accumulo di gioie senza sbocco, tristezze senza riscatto, progetti senza esito, attese senza futuro. Se Cristo invece è risorto, allora la parola morte non è più l’ultima, ma diventa la penultima; allora è possibile mantenere accesa la lampada della speranza anche dentro al buio della morte.

I tre giorni culminanti sono il venerdì, il sabato e la domenica. Questi giorni hanno un valore per tutti. Il venerdì santo è l’esperienza del dolore e della prova. Quanti venerdì dobbiamo attraversare! Il venerdì del lutto, per alcuni talmente grave da incidere profondamente e per sempre; i venerdì della malattia, della povertà, dell’incomprensione e della divisione; i venerdì nei quali tutto sembra andare male e rischiamo di perdere fiducia nella vita stessa. Una volta, quando ero in parrocchia, un signore che era rimasto vedovo e non aveva parenti mi disse questa frase pesante: “per me la vita è un venerdì santo”. Come in ogni settimana, puntualmente, arriva il venerdì, così nella nostra vita, puntualmente, arriva il passaggio della prova.

Il sabato santo è l’esperienza del silenzio e dell’attesa. Per noi credenti, è il momento del sepolcro di Gesù, che poi viviamo letteralmente quando accompagniamo qualche persona cara al cimitero, sapendo che quello è solo un luogo di passaggio e non è la sistemazione definitiva. Ma il sabato è simbolo anche di un’attesa piena di speranza, di un silenzio che prepara alla festa. Come dice Leopardi nella poesia Il sabato del villaggio, “questo di sette è il più gradito giorno”. Perché l’attesa di una gioia è già in se stessa un’attesa gioiosa. La nostra vita attraversa anche questa esperienza, quando attendiamo di amare e di essere amati, quanto aspettiamo qualche persona cara, quando stiamo per raggiungere una meta desiderata.

Ma la pienezza della gioia è nella domenica, giorno nel quale il Signore risorge dal sepolcro. Senza la domenica, la nostra settimana sarebbe spezzata, sarebbe attesa inutile; senza la vita eterna, la nostra vita terrena sarebbe tensione verso un traguardo inesistente. Il dolore non è fine a se stesso, ma è passaggio verso l’amore pieno: questo è il messaggio del mattino della domenica. Solo che noi cristiani, per essere credibili, non possiamo limitarci ad andare a Messa nel giorno di Pasqua; il Signore ci chiede di farci noi stessi Pasqua, di essere noi stessi la domenica, per tante persone tristi e svantaggiate che vivono in un perenne e faticoso venerdì o in un continuo sabato di attesa. Il Signore è risorto dai morti, e deve risorgere anche nei nostri cuori, perché noi diventiamo segni di risurrezione per tanti.
Buona Pasqua a tutti!

+ don Erio Castellucci

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