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Cronaca Pavullo nel Frignano / Monzone

Monzone di Pavullo: Carabinieri aggrediti in un'azienda che impiega lavoro nero

Ieri mattina, i militari sono stati assaliti dal marito della titolare di una ditta che, oltre a impiegare operai in nero, non rispettava norma in materia di sicurezza sul lavoro. Nel capannone, nonostante l'esposizione a polveri pericolose, la culla della figlia di due anni della coppia

Assieme alla moglie gestiva un capannone artigianale di lavorazione delle ceramiche impiegando manodopera irregolare senza alcun rispetto per le norme di sicurezza: non solo, all'arrivo dei Carabinieri per un controllo, ha agevolato la fuga dei suoi tre operai e ha aizzato contro i militari due grossi cani per poi avventarsi lui stesso contro il personale intervenuto sul posto. È successo ieri mattina nella frazione di Monzone, Pavullo. I Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Pavullo, in collaborazione con i colleghi del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Modena, erano impegnati in un'attività mirata di contrasto del lavoro nero e hanno individuato due aziende, tutte a Monzone: una di lavorazione degli scarti di ceramica, l'altra una carrozzeria. Nell'intervento sono stati impiegati 16 militari.

AGGRESSIONE - Durante l'accesso ad uno dei due capannoni artigianali di lavorazione delle ceramiche, i Carabinieri hanno dovuto fronteggiare l'ira di M. B., pregiudicato albanese 40enne irregolare sul territorio, marito della titolare della ditta: per agevolare la fuga di tre operai irregolari (due rumeni e un italiano), l'uomo ha sguinzagliato due grossi cani contro i militari per poi aggredire lui stesso il personale intervenuto sul posto. L'albanese è stato poi arrestato, mentre i tre lavoratori sono stati identificati e accompagnati in caserma per ulteriori accertamenti. Nel capannone di questa ditta individuale intestata alla consorte dell'aggressore si lavoravano gli scarti delle ceramiche per riadattarli come mosaici e rimetterli in commercio. Successive indagini hanno evidenziato come questo luogo di lavoro fosse privo di ogni requisito minimo sia sotto il profilo sanitario che di sicurezza.

SICUREZZA - Il Capitano Antonio Di Cristofaro ha evidenziato proprio la situazione di pericolo in cui operavano i lavoratori identificati: “In questo capannone si lavorava, utilizzando anche macchinari molto pericolosi come frese e lame taglienti,  in condizioni di sicurezza tendenti allo zero - ha sottolineato - Tutto era fuori norma, dall’impianto elettrico e quello antincendio, passando per la stabilità stessa dell’immobile. Condizioni di lavoro simili a quelle cui siamo abituati a vedere in televisione con i cinesi! Nel laboratorio di produzione c’era anche la culla per far riposare la figlia di neanche due anni della proprietaria, esponendola incoscientemente non solo ai pericoli fisici della struttura, ma anche alle polveri sottili scarto dei tagli delle mattonelle".

  

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