rotate-mobile
Cronaca Medolla

Le “terre calde” si risvegliano prima del sisma, geologi al lavoro

L'acqua di un pozzo nel territorio di Camurana sale fino a 51°C prima della scossa di MI 3.5 del 20 ottobre, proprio come accaduto in occasione del sisma 2012. Il personale dell'INGV sul posto per analizzare i campioni

Il terremoto dello scorso 20 ottobre, non solo ha fatto riemergere nei cittadini i timori nati tre anni or sono, ma ha riportato sotto i riflettori un fenomeno particolare, che anche nel 2012 aveva fatto discutere la comunità scientifica e non solo. Nei giorni precedenti la scossa di MI 3.5, infatti, un contadino di Camurana (località fra Mirandola e Medolla) aveva notato e segnalato l'incredibile innalzamento della temperatura dell'acqua di un pozzo nel suo terreno. L'acqua aveva raggiunto addirittura i 51 gradi centigradi, convincendo l'uomo a segnalare il fatto ai Vigili del Fuoco.

Alla luce della scossa sismica, l'evento di Camurana è rimbalzato fino all'attenzione del sindaco di Medolla Filippo Molinari e dei tecnici comunali, che hanno allestato l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. I geologi, nella giornata di oggi, si sono recati di persona a Camurana prelevando alcuni campioni d'acqua per analizzare i componenti presenti.

Non è certo la prima volta che questo accade, anzi. Il fenomeno è noto fin dalla fine del 1800, quando per la prima volta comparì documentazione scientifica su quelle che poi vennero denominate “Terre Calde di Medolla”. Il riscaldamento del terreno e dell'acua, così come la fuoriuscita anomala di anidride carbonica e metano, si ritiene dovuta a reazioni biochimiche di tipo esotermico negli strati superficiali del terreno. In particolare, secondo la documentazione di ENI, si tratterebbe di uno strato petrolifero miocenico verticale che
fa parte di un'anticlinale rovesciata e non a fagliazioni nella struttura del suolo.

Durante la sequenza sismica del 2012, e nel periodo successivo si è anche registrato un deciso incremento di anomalie termiche positive in pozzi per acqua. Si è trattato generalmente di pozzi freatici, profondi una decina di metri circa, in cui la temperatura è a volte salita anche oltre i 40°C, a fronte di una temperatura che solitamente è attorno ai 15°C. Questo surriscaldamento potrebbe a volte essere messo in relazione a cattivi funzionamenti delle pompe presenti all’interno dei pozzi.

Proprio per valutare questo fenomeno venne attivato dalla Regione il Progetto S3 , che tuttavia non ha evidenziato alcun precursore a breve termine di carattere chimico o fisico di tipo attendibile utilizzabile in termini pratici per prevedere una scossa sismica e diramare eventuali allarmi. Ma la ricerca prosegue.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Le “terre calde” si risvegliano prima del sisma, geologi al lavoro

ModenaToday è in caricamento