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Cronaca

Dal Brennero a Modena, la maxi protesta degli allevatori

In migliaia protestano a Reggio Emilia per la tutela dei prodotti made in Italy. Gli allevatori di suini modenesi in prima fila, per denunciare il crollo del settore, con una produzione dimezzata negli ultimi 10 anni

Mentre migliaia di colleghi protestavano al valico del Brennero, bloccando il passaggio dei mezzi al confine, gli allevatori e gli agricoltori modenesi afferenti a Coldiretti si sono dati appuntamento nella vicina Reggio Emilia, contando alcune migliaia di presenze, grazie alla partecipazione di colleghi delle regioni vicine. Al centro della protesta vi è la tutela dell'origine dei prodotti agricoli e alimentari del nostro territorio, minacciati dalla contraffazione e dalla regolamentazione parziale o inapplicata.

Gli allevatori di maiali, in particolare, hanno lanciato “La Battaglia di Natale: scegli l’Italia” per tutelare coloro che acquistano prosciutti, salumi, costolette, credendo di mettere prodotto nazionale nel piatto, mentre così non è. Il setttore suinicolo è di gran lunga quello più sofferente nel panorama agricolo modenese ed emiliano, con crolli a doppia cifra che negli ultimi dieci anni hanno distrutto quello che è sempre stato un fiore all'occhiello della nostra produzione agroalimentare.

A Modena, negli ultimi dieci anni, hanno chiuso i battenti 300 aziende, pari ad un calo del 64%, e i suini allevati a Modena, nel solo 2013, sono diminuiti di 22.400 capi, con una diminuzione del 7% rispetto al 2012 arrivando così a 295mila 623 capi (nel 2002 erano oltre 473mila). Nonostante le recenti performace positive del Prosciutto di Modena Dop, tutti gli altri marchi hanno registrato cali significativi nelle vendite, nella quantità prodotta e nel prezzo unitario.
 
“La causa – spiega Coldiretti – va cercata in parte in un aumento vertiginoso dei costi di produzione mentre non sono aumentati i prezzi pagati ai produttori, al punto che su un costo medio di produzione di 1,56 euro, il prezzo mediamente pagato all’allevatore è stato 1,40. Il tutto aggravato – continua Coldiretti – dagli insostenibili squilibri nella distribuzione del valore dalla stalla alla tavola: per ogni 100 euro spesi dai cittadini in salumi ben 48 euro restano in tasca alla distribuzione commerciale, 22,5 al trasformatore industriale, 11 al macellatore e solo 18,5 euro all'allevatore”.
 
“Le difficoltà dell’Emilia Romagna, dove vengono allevati il 13,3% degli oltre 9,3 milioni di maiali degli allevamenti italiani, si ritrovano anche a livello nazionale, dove nell’ultimo anno – evidenzia Coldiretti – sono “scomparsi” 615 mila maiali e 200 mila scrofe. Dall’inizio della crisi la filiera italiana ha perso oltre 8 mila posti di lavoro in un settore che occupa complessivamente 105mila addetti, di cui 50mila negli allevamenti (3.000 in Emilia Romagna) e 55 mila (7.000 in Emilia Romagna) nell’industria di trasformazione e nei servizi. Tutto questo accade mentre per coprire il consumo di 2,15 milioni di tonnellate di carni di maiale importiamo 850 mila tonnellate, pari al 40% del consumo”.
 
I diecimila allevatori di Reggio Emilia, insieme con i diecimila imprenditori del Brennero hanno quindi chiesto l’etichettatura obbligatoria dell’origine degli alimenti, con una presa di posizione chiara del Governo italiano per l’attuazione della legge nazionale per l’etichettatura obbligatoria degli alimenti, e della Commissione europea che entro il 13 dicembre deve decidere sulla “opportunità” in Europa dell’applicazione del regolamento sull’indicazione di origine che è fermo dal 2011”.

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