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Cronaca

Vini, a Modena un convegno sulla ricerca Ager Enologia

I ricercatori sono riusciti a definire un modello in grado di attribuire una carta di identità ai prodotti enologici, combinando le caratteristiche varietali a quelle geografiche e dando certezza della qualità ed originalità di un prodotto

Che a determinare le peculiarità di un vino o un di cibo sia in buona parte il territorio di origine in cui questo viene prodotto è cosa diffusamente nota e condivisa, ma è anche possibile dimostrare ciò scientificamente? Sono queste, la domanda e la sfida, che hanno tenuto impegnati negli ultimi tre anni i ricercatori del Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, coordinatori di un progetto di ricerca dal titolo “Nuove metodologie analitiche per la tracciabilità geografica e varietale di prodotti enologici”, condotto assieme ai colleghi della Fondazione Edmund MACH di San Michele all’Adige (TN) e del MiPAAF - Ministero delle Politiche Agricole e Forestali - Dipartimento ICQRF - Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari – Laboratorio di Modena. Il progetto si è sviluppato nell’ambito della piattaforma AGER - Agroalimentare e Ricerca, riguardante ricerche nei comparti ortofrutticolo, cerealicolo, vitivinicolo e zootecnico, iniziativa sostenuta da un consorzio di 13 fondazioni italiane, tra cui la Fondazione Cassa di Risparmio di Modena (che ha contribuito con 1milione 500mila euro per l’intera piattaforma AGER) e la Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto.

La ricerca di AGER enologia, che costituiva uno degli ambiti di intervento prescelti, ha messo a punto un modello per la tracciabilità dei vini dei Consorzi dei Lambruschi Modenesi e dello Spumante TRENTODOC, dimostrando così che è possibile descrivere in modo scientificamente oggettivo, le caratteristiche di terroir - per dirlo alla maniera francese - di un vino. Non è quindi solo questione di DNA, cioè di caratteristiche genetiche intrinseche alla pianta, ma è anche importante dove questa pianta cresce, il terreno, l’ambiente circostante. I Lambruschi DOP modenesi o lo Spumante TrentoDoc non sarebbero tali, con le loro varietà di aromi e colori, se li si coltivasse in altre zone del mondo. 
La metodologia seguita dai ricercatori modenesi e trentini si è basata sulla analisi chimica (metalli, isotopi radiogenici e stabili e metaboliti organici) e molecolare (analisi del DNA) dei prodotti enologici. 

Le attività sperimentali si sono distinte per il carattere fortemente innovativo delle metodologie analitiche messe in campo dai diversi gruppi di ricerca e per le piattaforme tecnologiche utilizzate, spesso uniche nel contesto nazionale.

Essere in grado di attribuire in modo oggettivo l’origine geografica di un prodotto ha due ricadute essenziali: per i consumatori, in quanto consente di dare loro certezze sulla qualità e sulla provenienza di ciò che stanno bevendo; per le aziende produttrici, in quanto garantisce la tutela dei loro marchi e prodotti da contraffazioni, che nel settore agroalimentare sono, purtroppo, diffuse. 

Inaugurato nel luglio 2011, il progetto è giunto ormai a conclusione. Un resoconto della attività condotta verrà presentata  attraverso un convegno,  organizzato per lunedì 17 novembre 2014 a partire dalle ore 9.30, presso la Sala Leonelli della Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura (via Ganaceto, 134), a Modena, durante il quale saranno illustrati gli aspetti salienti, la metodologia e risultati ottenuti dalle ricerche. I lavori della giornata si concluderanno con l’intervento della sen. Leana Pignedoli, Vice-presidente Commissione Agricoltura del Senato, e al tavola rotonda coordinata dal prof. Andrea Marchetti.

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