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Cronaca

Terapie contro la leucemia acuta, pubblicata una ricerca Unimore

Autrici la prof.ssa Sandra Marmiroli e la dr.ssa Jessika Bertacchini. La ricerca evidenzia come la somministrazione di inibitori di alcuni enzimi, a scopo terapeutico, possa in realtà innescare meccanismi di adattamento ai farmaci delle cellule tumorali

Uno studio di ricercatori dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia sulla leucemia acuta mieloide è stato pubblicato sulla rivista scientifica Leukemia. La ricerca dal titolo“Identificazione di meccanismi di retroazione e adattabilità della via disegnale PI3K/Akt/mTOR nella Leucemia Acute Mieloide attraverso l’uso di inibitori specifici e analisi fosfoproteomica”, è stata condotta in prima persona da una giovane assegnista di ricerca, la dott.ssa Jessika Bertacchini, che si è potuta avvalere della collaborazione di un gruppo di studiosi di base e clinici, coordinati dalla prof.ssa Sandra Marmiroli dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia.

Lo studio è stato condotto in vitro, su cellule di leucemia acuta mieloide, allo scopo di predire la risposta del paziente ad un potenziale trattamento farmacologico con “kinase inhibitor therapy”. Questa terapia è basata sull’utilizzo di inibitori di alcuni enzimi, le proteinchinasi, spesso attivati in modo anomalo nei pazienti affetti da leucemia. In particolare, nello studio sono stati utilizzati inibitori delle proteinchinasi PI3K, Akt e mTOR, attualmente in uso clinico o in trial clinico per questa e altre patologie. 

Contrariamente a quanto finora sostenuto da numerose pubblicazioni, lo studio ha stabilito che la somministrazione di queste molecole può innescare meccanismi di adattamento, che in brevissimo tempo rendono le cellule tumorali resistenti al farmaco. Combinando Fosfoproteomica e test biochimici, lo studio ha identificato alcuni meccanismi molecolari alla base del fenomeno di adattamento ed ha stabilito che tali meccanismi sono in larga parte dipendenti da alcune caratteristiche molecolari individuali del paziente, caratteristiche in grado di modificare la risposta terapeutica. Lo studio, che sottolinea l’importanza della caratterizzazione dei profili fosfoproteici individuali, oltre che delle analisi citogenetiche, nella personalizzazione della terapia, dimostra che, almeno in vitro, l’efficacia del trattamento può essere ripristinata associando un altro farmaco che tenga conto delle caratteristiche molecolari del singolo paziente. 

“La collaborazione tra i gruppi di ricerca - afferma la prof.ssa Sandra Marmiroli dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia - sta continuando, con l’obiettivo di analizzare più a fondo i meccanismi molecolari che possono favorire l’adattamento delle cellule tumorali ai farmaci e diminuirne l’efficacia e dal punto di vista della ricerca pre-clinica di proporre nuove combinazioni farmacologiche che tengano conto di tali meccanismi”.

Il gruppo di lavoro ha visto coinvolti la giovane ricercatrice dott.ssa Jessika Bertacchini, la dott.ssa Marianna Guida e la dott.ssa Laura Mediani del laboratorio di Trasduzione del Segnale del Dipartimento Chirurgico, Medico, Odontoiatrico e di Scienze Morfologiche, diretto dal prof Anto De Pol, nonché altri ricercatori italiani e stranieri quali: il dott. Fabio Forghieri e il prof Mario Luppi, Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Materno-Infantili e dell’Adulto dell’Ateneo; la dott.ssa Benedetta Accordi e il prof. Giuseppe Basso dell’ Università di Padova, i proff. Alberto Martelli e Lucio Cocco dell’Università di Bologna, e i dottori Lance Liotta ed Emanuel Petricoin del Centro di Proteomica della George Mason University (USA), dove la dott.ssa Jessika Bertacchini si è recata nella fase iniziale del progetto per apprendere la tecnica della reverse phase protein array, grazie anche ad un co-finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena.

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