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Cronaca

UniMoRe. Roche finanzia la ricerca di Carlo Salvarani contro arterite

Il docente, noto professionista reggiano, sarà il coordinatore di uno studio su "Biomarcatori prognostici di risposta alla terapia in pazienti con arterite a cellule giganti"

Il professor Carlo Salvarani di UniMoRe e Direttore della Struttura Complessa di Reumatologia dell’Ospedale S. Maria Nuova di Reggio Emilia tra gli otto destinatari di un finanziamento messo a disposizione dalla multinazionale Roche per premiare progetti di ricerca indipendente nell'ambito della medicina di precisione in onco-ematologia, neuroscienze, malattie polmonari e reumatologia. Il docente e noto professionista reggiano sarà il coordinatore di uno studio su “Biomarcatori prognostici di risposta alla terapia in pazienti con arterite a cellule giganti”.

Il suo studio su  "Biomarcatori prognostici di risposta alla terapia in pazienti con arterite a cellule giganti”, di cui il docente e professionista reggiano è il principale investigatore, ha avuto successo ed è stato uno degli 8 progetti di ricerca indipendente nell'ambito della medicina di precisione in onco-ematologia, neuroscienze, malattie polmonari e reumatologia, ed unico per la sua area, che riceveranno il contributo di 100.000,00 euro della multinazionale farmaceutica. 

Per giungere a questo traguardo il prof. Carlo Salvarani ha dovuto superare una agguerrita concorrenza. Complessivamente sono stati 366 i progetti inviati e valutati da un comitato presieduto dal Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità prof. Walter Ricciardi.  “Il numero e la qualità dei progetti arrivati alla commissione – ha commentato il prof. Walter Ricciardi - sono andati al di là di qualunque aspettativa. Penso di interpretare il pensiero di tutti i membri dicendo che è stato un piacere contribuire a rendere possibile il finanziamento di progetti che ci aspettiamo possano davvero aggiungere un nuovo tassello al sapere scientifico nell’interesse di tutti i pazienti. La ricerca anche in Italia può giocare un ruolo di primo piano e Roche ha meritoriamente dimostrato che con il contributo di tutti tale possibilità non è solo teorica ma diventa anche realtà”.

L’arterite a cellule giganti (Giant cell arteritis, GCA) è la vasculite più comune in persone oltre 50 anni di età. Si tratta di una patologia immunomediata. L’infiammazione interessa soprattutto le arterie di grande e medio calibro, causando rimodellamento tissutale con stenosi/ostruzioni/aneurismi a carico dei vasi arteriosi e conseguenti fenomeni ischemici. La diagnosi si basa sulla combinazione di parametri clinici, strumentali di imaging e sulla biopsia delle arterie temporali per confermare istologicamente la presenza di infiltrato infiammatorio a livello tissutale. Il protocollo terapeutico consiste in alte dosi di glucocorticoidi (GC, glucocorticoids) nel primo mese, seguite da una progressiva e graduale diminuzione delle dosi con costante monitoraggio della risposta clinica dei pazienti. Tuttavia, più del 40% dei pazienti sviluppano recidive, arrivando ad assumere una dose cumulativa di GC maggiore con una durata di terapia più lunga, fattori che aumentano la probabilità di sviluppare effetti collaterali derivanti dalla terapia steroidea che sono presenti in più del 70% dei pazienti affetti da GCA.

 

“L’obiettivo di questo progetto – spiega il prof. Carlo Salvarani di Unimore - è identificare alla diagnosi i pazienti a maggior rischio di recidiva, che necessitano quindi di una terapia più aggressiva e di un trattamento più lungo con GC rispetto a quelli che hanno una patologia più benigna, non recidivante, in cui l’attuale regime terapeutico è efficace e che sono in grado di sospendere la terapia mantenendo uno stato di remissione clinica prolungata. Nel primo gruppo di pazienti sarebbe infatti possibile iniziare alla diagnosi un trattamento combinato di GC con altri farmaci (ad esempio metotressato o farmaci biologici) aumentando la probabilità di risposta clinica e riducendo l’esposizione allo steroide”.

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