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Cronaca Castelfranco Emilia

La vita burrascosa di Salvatore Montefusco, contro di lui sei denunce della moglie

La relazione difficile fra l'uomo e la vittima era nota alla magistratura, ma era stat achiesta per due volte l'archiviazione. In passato solo minacce verbali, ma mai violenza

Originario di San Cipriano d'Aversa, Salvatore Montefusco viveva da ormai diversi decenni nel territorio di Castelfranco. Il 69enne - che ieri ha confessato il duplice omicidio della moglie e della figlia di lei - per diversi anni aveva lavorato nell'edilizia, gestendo un'impresa, salvo poi ritirarsi con l'avanzare dell'età. Sposato e con tre figli, aveva vissuto a lungo a Riolo di Castelfranco, in un'abitazione di campagna dove possedeva anche dei cavalli, sua grande passione. 

Quella sua prima relazione era però giunta ad un punto di svolta una ventina di anni fa, quando aveva conosciuto Gabriela Trandafir. Era poi arrivata la separazione dalla prima moglie e il successivo matrimonio con la donna rumena, che aveva già la figlia Renata, con la quale aveva poi avuto un figlio maschio, oggi adolescente.

L'imprenditore aveva costruito il borgo di case nel quale poi era andato a vivere, pur continuando a frequentare la casa di Riolo. Il rapporto con Gabriela si era fatto sempre più difficile con il passare degli anni: una relazione turbolenta dalla quale erano scaturite anche denunce penali e che si sarebbe avviata verso la separazione. Ma all'udienza di oggi in Tribunale i due non si sono potuti presentare.

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Una relazione al tramonto, fra avvocati e processi

Il rapporto deteriorato fra Salvatore e Gabriela era finito per affidarsi alle vie giudiziarie. La donna nel corso degli ultimi anni aveva presentato ben sei denunce nei confronti del marito, le ultime due per fatti relativi al 2021. Le accuse erano molteplici: aggressioni verbali, minacce, anche il posizionamento di un dispositivo gps sull'auto di lei per controllarne gli spostamenti. Il ritratto che ne emerge è quello di un uomo dal temperamento sanguigno, seppur non fisicamente violento, un uomo geloso e preoccupato di controllare i comportamenti della moglie, tanto da impedirle di lavorare autonomamente.

La preoccupazione principale di Montefusco era, almeno negli ultimi tempi, quella di perdere la casa di Cassola di Sotto, che sarebbe potuta finire alla moglie a seguito della separazione. Le visite in via Cassola di Sotto erano quindi diventate sempre fonte di litigi.

Lo stesso 69enne aveva presentato denunce, in tre occasioni, per il comportamento tenuto dalla moglie fra le mura domestiche, ipotizzando il reato di maltrattamenti.

Per i casi analizzati dalla Procura di Modena a seguito delle querele di lei era stata chiesta l'archiviazione. Proprio oggi si sarebbe dovuta tenere l'udienza di opposizione a questa scelta del Pm. Questa mattina in Tribunale il giudice ha deciso per il rinvio (al 5 luglio) per legittimo impedimento (in quanto Montefusco si trova in carcere). La Procura potrebbe ora revocare la richiesta di archiviazione per i maltrattamenti e quei fatti potrebbero essere accorpati all'inchiesta nata con il duplice omicidio di ieri.

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La Camorra e il coraggio di denunciare

Molti anni prima delle vicissitudine giudiziarie dovute alla relazione sentimentale, Montefusco era già ben noto alle forze dell'ordine modenesi, in particolare alla Polizia. Ma non per condotte penalmente perseguibili. Anzi, l'opposto. L'imprenditore edile era stato tra i primi a denunciare gli esponenti delle diramazioni della camorra che negli anni '80 avevano iniziato a intaccare il territorio modenese. Montefusco era stato un testimone chiave nell'inchiesta che portò, nel 2000, ai primi arresti degli affiliati dei Casalesi.

La mafia iniziava a far pesare la propria presenza proprio nei territori di Modena e Castelfranco, contaminando poi i vari comuni nella zona del Sorbara. Tra gli imprenditori taglieggiati anche il 69enne campano, che aveva però reagito, denunciado alla Polizia e contribuendo così agli arresti che di lì a poco si sarebbero susseguiti a ritmo preoccupante.

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