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Cronaca San Felice sul Panaro

"Aemilia", sotto sequestro la ditta della moglie di Bianchini

La "Dueaenne s.a.s." è stata posta sotto sequestro preventivo dai Carabinieri, a margine dell'operazione contro la 'ndrangheta emiliana. Bruna Braga è indagata per concorso esterno in associazione mafiosa, in continuità con l'operato del marito Augusto Bianchini

Dopo gli arresti del gennaio scorso, la famiglia Bianchini subisce anche il sequestro dei beni per quasi 20 milioni di euro, disposto dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna. E' infatti scattata questa mattina l'operazione del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Modena, che ha portato al sequestro della società di San Felice “Dueaenne s.a.s.”, di proprietà di Bruna Braga, moglie dell'imprenditore Augusto Bianchini.

Il provvedimento costituisce uno sviluppo dell’indagine “Aemilia”,  che ha smascherato il sodalizio di stampo ‘ndranghetista attivo sul territorio emiliano, che ha travolto proprio la famiglia Bianchini di imprenditori edili della Bassa, con gli arresti disposti per Augusto, Bruna ed il figlio Alessandro.

In sintesi, la società di “Dueanenne” è stata individuata dai magistrati inquirenti come strumentale alla prosecuzione dell'attività della Bianchini Costruzioni, dopo l'esclusione di quest'ultima dalla white list. Bruna Braga è infatti indagata anche per concorso esterno in associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni volta con l’aggravante di aver favorito le attivià’ dell’organizzazione criminale gestita da Michele Bolognino, braccio destro del boss Nicolino Grande Aracri.

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Le valutazioni del gip e gli elementi raccolti consentirebbero infatti di attribuire alla donna una posizione equiparabile a quella del marito nel governo della società e nei rapporti gli esponenti mafiosi. Anche a Bianchini, infatti, era stato contestato il reato di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, in riferimento ai lavori post sisma, in particolare allo smaltimento delle macerie. Bianchini avrebbe infatti favorito gli appartenenti al clan, conferendo lavori a Michele Bolognino e ad altre ditte collegate a Giuseppe Giglio, che impiegavano operai riconducibili alla cosca cutrese, o sfruttati dagli stessi.

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