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Cronaca

"Siamo tutti Giovanni Tizian", mobilitazione dei giornalisti precari

"Quattro euro lordi e sotto scorta": le penne senza tutele hanno organizzato per il pomeriggio di giovedì 26 gennaio un sit-in a Roma, in piazza Montecitorio per dire no allo sfruttamento

"Siamo tutti Giovanni Tizian". Questo il motto che verrà ripetuto in piazza Montecitorio, Roma, giovedì 26 gennaio, dalle ore 14 alle 19 in un sit-in di solidarietà per il collega Giovanni Tizian, giornalista precario, collaboratore de "La Nuova Gazzetta di Modena", sotto scorta per le inchieste sulle mafie al Nord, ma anche per “rompere” la solitudine di lavoratori “invisibili” e senza tutele, per chiedere l'immediata approvazione della proposta di legge sull'equo compenso per il lavoro giornalistico autonomo e per sostenere una trattativa sul mercato del lavoro che cancelli il “precariato a vita” e la deregulation selvaggia di questi anni. L'iniziativa è stata promossa dal Comitato “Giornalisti senza tutele: altro che casta”, costituito per l’occasione dai giornalisti freelance, autonomi e parasubordinati di Stampa Romana e dal coordinamento precari “Errori di stampa” di Roma, ma l’adesione alla manifestazione è aperta a tutti i cittadini. Questa iniziativa romana è una tappa della campagna “Io mio chiamo Giovanni Tizian” promossa dall’associazione daSud ed è in sintonia con la maratona “Altrochecasta”, organizzata il 22 gennaio a Occupy-Liberazione. "Noi giornalisti senza contratto e invisibili - affermano i precari dell'informazione - non siamo una casta, come molti credono, né dei privilegiati, come ci ha definito un mese fa anche il Ministro del Lavoro Elsa Fornero.

PARIA DELL'INFORMAZIONE - "Da sud a nord il mercato dell’editoria si regge sullo sfruttamento - denunciano i giornalisti precari - lo dimostrano le cifre".  Gli autonomi e i precari sono ormai più numerosi degli assunti, 24mila contro 19mila: "Le nostre firme sono sulle principali testate italiane: contribuiamo per oltre il 50% alla realizzazione di quotidiani, periodici, radio, tv, online, eppure siamo quasi tutti sottopagati, senza tutele e sotto il ricatto di perdere il lavoro. Realizziamo inchieste sulla mafia e le sue infiltrazioni al nord, corrispondenze di guerra, reportage da Gaza e dalle rivolte in Iran o Maghreb. Lavoriamo in trincea, fuori dalle redazioni, senza contratto, pagati a pezzo con compensi quasi sempre irrisori, a volte di pochi euro e liquidati a distanza di mesi o con Cococo spesso capestro, senza percepire nemmeno un fisso al mese".

MANIFESTAZOINE - "Il 26 gennaio - ribadiscono i precari dell'informazione - ci ritroviamo in piazza accanto a Giovanni Tizian perché non si può essere pagati 4 euro ad articolo e, come sovrapprezzo, finire sotto scorta. Né si può vivere sotto minaccia, com’è capitato a Rosaria Malcangi, vittima di un’intimidazione dinamitarda in Puglia, o come capita in vari modi ad altri colleghi. Né si può farla finita come Pierpaolo Faggiano, suicida lo scorso giugno: a 41 anni veniva ancora pagato soltanto 6 euro a pezzo". Non tutti sanno che il precariato sottopagato non è più limitato a un “periodo di prova”, cui segue un’assunzione: "Può invece durare una vita intera - denunciano i giornalisti - privandoci di un presente dignitoso, rubandoci i sogni, le prospettive di un futuro e a volte anche la dignità personale, prima che professionale. A 30 anni, ma anche a 40 e più anni, si corre tutto il giorno a caccia di notizie, pagati pochi spiccioli, per garantire ai cittadini un bene primario come l’informazione. E poi gli articoli commissionati, ma mai pubblicati, e quindi non pagati: lavoro buttato. Di rimborsi spese nemmeno a parlarne. La pensione? Un miraggio. Lavorare come matti, anche 12-13 ore al giorno senza tutele contrattuali, previdenziali, assicurative, con la paura di essere scaricati da un giorno all’altro per far posto a chi accetta di essere pagato ancora meno. Se chiediamo di essere pagati in tempi certi e decorosi o se protestiamo perché ci riducono un compenso già irrisorio, rischiamo di non lavorare più. Se la testata chiude o decide di non aver più bisogno della nostra collaborazione, siamo senza ammortizzatori sociali".

EQUO COMPENSO - I giornalisti precari battono i pugni sul tavolo e chiedono subito una legge sull’equo compenso e zero contributi pubblici per chi sfrutta: "Un lavoro sempre precario, oltre a ledere la dignità personale, rende il giornalista più vulnerabile, in quanto più facilmente oggetto delle pressioni degli editori. E un’informazione sotto ricatto è un gravissimo danno anche per i cittadini e la democrazia. Chiediamo quindi al Parlamento una rapida approvazione della proposta di legge sull’equo compenso per il lavoro giornalistico non dipendente in discussione alla Camera: prevede, tra l’altro, che il rispetto dei compensi minimi debba essere requisito necessario per l’accesso a qualsiasi contributo pubblico da parte delle aziende editoriali. Chiediamo che si aprano tavoli di trattativa, a livello nazionale e regionale (con i Ministeri e gli assessorati competenti), per stabilire regole certe in un mercato del lavoro sempre più selvaggio e adeguate misure di welfare".

ADESIONI - Freelance, precari, ma anche contrattualizzati, sono invitati a partecipare al presidio coi loro cartelli, volantini o ad inviare degli slogan (non più di 2-3 righe) che riassumano le condizioni di lavoro nelle loro rispettive testate, entro le ore 13 di martedì 24 gennaio agli indirizzi mail: freelance@stamparomana.it oppure 26gennaio@gmail.com. "Vogliamo creare un mosaico di storie per fotografare le condizioni di sfruttamento in cui spesso si lavora - spiegano i precari - Lanciamo un appello a tutti quelli che condividono quest'impegno di solidarietà al collega Giovanni Tizian, ma anche di lotta per migliori condizioni di lavoro e poter garantire un’informazione di qualità ai cittadini".

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