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Cronaca

Cellule staminali per la cura di patologie epatiche, per UNIMORE si può

UNIMORE e La Sapienza di Roma hanno fatto una scoperta potenzialmente rivoluzionaria: secondo i loro studi le cellule staminali sono in grado di curare determinate patologie epatiche, e sarebbero utili per facilitare trapianti che allungherebbero la vita

Se fino a pochi mesi la cura per patologie epatiche sembrava solo un traguardo lontano, oggi è possibile. A fare questa sensazionale scoperta sono stati i giovani ricercatori dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e dell’Università “La Sapienza” di Roma. Secondo i risultati della ricerca le capacità di controllo dei meccanismi di difesa del corpo umano e delle proprietà rigenerative delle cellule staminali isolate dall’albero biliare possono aprire la strada alla possibilità di trattamenti con cellule staminali dei pazienti che soffrono di patologie epatiche per permettere loro un allungamento della aspettative di sopravvivenza.

Lo studio ha avuto tale rilevanza che è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista “Journal of Epathology”, la più importante del settore. La  ricerca, finanziata in larga parte dal MIUR, secondo accordi di programma FIRB che ha richiesto quasi tre anni di studio. Gli studi hanno consentito di dimostrare come le cellule staminali, isolate dall’Albero Biliare, siano in grado di controllare i meccanismi di difesa attraverso l’attivazione di processi che conducano a un particolare tipo di morte cellulare quelle cellule, che sono anche responsabili del rigetto dei trapianti  (Linfociti T).  Questa scoperta ha il pregio di offrire un’alternativa agli approcci convenzionali di terapia cellulare che prevedono l’uso di epatociti maturi per il trattamento clinico delle patologie epatiche, generalmente associato alla somministrazione di farmaci immunosoppressivi.

Protagonisti di questo interessante e promettente studio sono stati un gruppo di giovani ricercatori dell’UNIMORE coordinati dal prof. Anto de Pol, Direttore del Dipartimento Chi.Mo.M.O (Dipartimento Chirurgico, Medico, Odontoiatrico e di Scienze Morfologiche con Interesse Trapiantologico, Oncologico e di Medicina Rigenerativa), di cui facevano parte il dott. Massimo Riccio, il dott. Gianluca Carnevale, la dott.ssa Alessandra Pisciotta, e del gruppo coordinato dal prof. Andrea Cossarizza, titolare della cattedra di Patologia Generale e Immunologia, che comprende la dott.ssa Lara Gibellini e la dott.ssa Sara De Biasi, che si sono avvalsi della collaborazione scientifica dei colleghi dell’Università “La Sapienza” di Roma, dott. Vincenzo Cardinale e dott. Guido Carpino, coordinati dai professori Domenico Alvaro ed Eugenio Gaudio, pionieri nella scoperta, isolamento e caratterizzazione delle cellule staminali derivate dall’albero biliare.

Per questo - spiegano i giovani ricercatori che hanno condotto lo studio - la recente proposta di utilizzare le cellule staminali dell’albero biliare per approcci clinici di terapia cellulare costituisce un importante traguardo negli approcci clinici per ridurre l’uso di agenti immunosoppressivi che aggravano il quadro clinico, già compromesso del paziente”.

Inoltre - afferma il prof Anto de Pol - questo aspetto rappresenta un punto chiave sia per comprendere molti dei meccanismi implicati nella fisiopatologia epatica sia nelle procedure di trapianto allogenico di cellule staminali nel campo della medicina rigenerativa. Tutto ciò potrebbe aprire le porte ad ulteriori studi clinici condotti in pazienti con gravi patologie epatiche in attesa di trapianto: il trattamento con cellule staminali potrebbe permettere loro un notevole allungamento della aspettative di sopravvivenza”.

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