La denuncia di Tullia Bevilacqua (Ugl): “In Emilia-Romagna più di 200mila lavoratori in nero"
In Emilia-Romagna si calcola siano più di 200 mila "lavoratori in nero", in gran parte stranieri. UGL: “lavoratori invisibili che ogni giorno si recano nei campi, nei cantieri, nei capannoni per prestare la propria attività lavorativa."
“Questi lavoratori , pur essendo sconosciuti all’Inps, all’Inail e al fisco, producono effetti economici che hanno rilevanza nel tessuto socio-economico del territorio di pertinenza - commenta Tullia Bevilacqua, segretario generale di Ugl Emilia-Romagna - L’Emilia-Romagna è in assoluto la sesta regione d'Italia per lavoratori irregolari dopo Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Puglia, il lavoro nero produce 3 miliardi e 118 milioni di gettito evaso al fisco e 5.6 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso , pari al 4,2% del Pil regionale”.
Per avere un termine di paragone: la regione dove il fenomeno è più grave è la Calabria che pur presentando sulla carta un minor numero di lavoratori irregolari rispetto all’Emilia-Romagna (146 mila) vanta un’incidenza del valore aggiunto da lavoro irregolare maggiore sul Pil regionale (il 9,9%) quasi doppio rispetto al dato medio nazionale (5,2%).
Ha aggiunto Tullia Bevilacqua: “In Italia i “lavoratori invisibili” che ogni giorno lavorano non meno di 8 ore in nero censiti dalla Cgia di Mestre sono 3,3 milioni. Una cifra in difetto se si calcola anche la manodopera dell’economia criminale presente soprattutto nel Sud Italia. E infatti , oltre alla Calabria, nei primi tre posti per evasione fiscale e contributiva figurano Campania e Sicilia. Mentre le regiioni più virtuose sono al Nord: Veneto e Lombardia che comunque – in quanto regione che produce più opportunità di lavoro - conta il numero più alto d'Italia di lavoratori irregolari : ben 484.700”.
L’Ugl Emilia-Romagna ricorda che nella nostra regione oltre al lavoro nero figura quella forma di sfruttamento particolarmente odiosa che è il caporalato , inteso non soltanto come sfruttamento ma anche come mancanza di sicurezza per la manodopera. E nella galassia del lavoro nero, anche in Emilia-Romagna, si devono contare i casi di lavoratori dipendenti che fanno il secondo/terzo lavoro, di cassaintegrati o pensionati che arrotondano le magre entrate o da disoccupati che in attesa di rientrare nel mercato del lavoro sopravvivono “grazie” ai proventi riconducibili ad attività irregolari.
Conclude Bevilacqua: “In Emilia-Romagna scontiamo anche il triste primato delle morti bianche e i due fenomeni sono in realtà strettamente legati. Questa situazione complessiva è frutto anche della crisi da una parte, che ha portato al ribasso la produzione e la concorrenza , e delle politiche governative dall’altra che hanno affossato l’economia e il lavoro nel nostro paese a suon di jobs act e tagli alle risorse pubbliche che dovrebbero far funzionare la macchina dei controlli istituzionali. Gli ingenti tagli praticati in questi anni dallo Stato, in termini di uomini e mezzi, hanno reso più insicuro e povero il Paese e il lavoro precario è diventato un riparo per i tanti giovani e meno giovani che affollano le liste dei disoccupati. Il nostro auspicio è che vi sia nelle politiche governative nazionali ed anche regionali – chiediamo al governatore Bonaccini più risorse - una netta inversione di tendenza che rimetta i diritti e la giusta retribuzione al centro dell’economia ed il lavoro."