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Discriminazione. Cisl Emilia: "Le donne guadagnano il 10% in meno degli uomini"

Nel pubblico il lavoro femminile è più radicato e c'è meno sperequazione retributiva, mentre nel privato la differenza è più marcata. La CISL è preoccupata che del fatto che le donne guadagnino il 10,9% in meno degli uomini

La CISL si dice preoccupata della discriminazione di stipendio tra uomini e donne, dove queste ultime guadagnano il 10,9% in meno dei primi, una differenza che diventa del 33,4% sui redditi medi dichiarati al fisco. "Emerge un quadro preoccupante ed è compito del sindacato farsene carico - afferma William Ballotta, segretario generale della Cisl Emilia Centrale – Per questo annunciamo un rinnovato impegno nei luoghi di lavoro affinché, attraverso la contrattazione nazionale, aziendale e nei territori, si possano riconoscere alle donne le stesse professionalità e inquadramenti dei loro colleghi."

Nel pubblico il lavoro femminile è più radicato e c'è meno sperequazione retributiva, mentre nel privato la differenza è più marcata. Le donne, che sono il 51,6% della popolazione in Emilia-Romagna e vivono mediamente più a lungo rispetto al dato europeo, sono più esposte al rischio di povertà rispetto agli uomini, in particolare le giovani tra 16 e 24 anni, le madri single e le anziane sole.

"Le donne non solo guadagnano meno, ma sono anche costrette a lavorare meno – sottolinea Margherita Salvioli Mariani, segretaria aggiunta Cisl Emilia Centrale – A causa dei loro impegni su più fronti, le donne accettano il part time più spesso degli uomini (il 60% dei part time è ‘involontario’), e complice la crisi economica, nel 2016 siamo al penultimo posto in Europa per occupazione femminile tra i 15 e i 64 anni (48%). Oltre a lavorare meno, la cosiddetta “segregazione occupazionale” vede spesso le donne impegnate nelle mansioni più basse e nei settori meno remunerativi. La crisi ha aumentato questo divario, così come le situazioni di lavoro non retribuito regolarmente.

Continua Margherita Salvioli Mariani: "Per questo occorre agire sull’aspetto culturale, sulla redistribuzione paritaria dei carichi di cura e assistenza in famiglia, con reti di servizi che semplifichino la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, con una contrattazione di secondo livello che risolva il problema del sottoinquadramento delle donne, valorizzando le loro competenze e professionalità. È urgente anche che lo Stato riconosca la contribuzione figurativa per i periodi in cui le donne si dedicano alla cura e assistenza di bimbi e anziani. Un evento di maternità comporta per la donna una perdita media di retribuzione annua del 12 per cento."

La Cisl aggiunge che la “segregazione occupazionale” è frutto anche di una sorta di segregazione formativa. Nonostante le ragazze abbiamo spesso risultati migliori dei maschi (sono più regolari nei cicli di studi, si iscrivono all’università e arrivano alla laurea più spesso), tendono a evitare gli istituti tecnici a favore dei licei e a concentrarsi all’università nei gruppi disciplinari dell’insegnamento, letterario, linguistico, politico-sociale e medico. In Emilia-Romagna le laureate nelle discipline scientifiche e tecnologiche sono il 14,5 per cento, contro il 23 per cento dei ragazzi.

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