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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Stop alle aperture domenicali, Confesercenti raccoglie 150mila firme

‘Libera la domenica’: a Modena sono 4000 le firme contro l’eccesso di liberalizzazioni e per una proposta di legge di iniziativa popolare, sostenuta anche da sindacati, partiti politici e mondo cattolico

Anche sul territorio provinciale si è conclusa la raccolta firme promossa da Confesercenti per arginare la tendenza alle liberalizzazioni selvagge degli orari di apertura del commercio. “La domenica sempre aperto? Ma anche no!” è stato lo slogan ad effetto che ha accompagnato la campagna di sensibilizzazione voluta dai commercianti e che ha portato in 5 mesi alla raccolta di 4000 firme solo sul territorio modenese e ad oltre 150 mila su quello nazionale. Tutte a sostegno di una proposta di legge di iniziativa popolare, promossa da Confesercenti e sostenuta dalla CEI (Conferenza Episcopale Italiana), per frenare l’eccesso di aperture domenicali e festive delle attività commerciali.

La deregulation di orari e giorni di apertura contenuta nel Decreto ‘Salva Italia’ e introdotta dal Governo Monti, avrebbe dovuto rilanciare i consumi nel Paese, ma l’aggravio di lavoro e costi ha pesato in modo molto negativo sulle MPMI. Questo il commento di Confesercenti che sottolinea come per il settore del commercio i consumi siano crollati nel 2012 a livello nazionale del 4,3%, circa 40 miliardi in meno, mentre per il 2013 è prevista un’ulteriore perdita di 13 miliardi con una flessione dei consumi del 1,6%. “La crisi interminabile ha aumentato le difficoltà tra le MPMI di commercio, servizi e turismo – evidenzia Confesercenti – ha bruciato redditi e lavoro. Nel caso modenese poi la sua portata si è ulteriormente ampliata per lo sconvolgimento a livello economico provocato dal sisma sul territorio lo scorso anno. Un mix micidiale i cui esiti drammatici si mostrano sul versante delle chiusure delle attività e soprattutto a livello occupazionale”.     

Una situazione già grave, sia in ambito locale che nazionale su cui si aggiunge l’infausta prospettiva dell’ulteriore incremento dell’IVA al 22% che arriverebbe mentre il livello della pressione fiscale effettiva è intorno al 54%. “L’effetto decisamente negativo sarebbe scontato e colpirebbe tutti – conclude Confesercenti – deprimerebbe il PIL che già nel primo trimestre di quest’anno è diminuito dello 0,5,%, rispetto a quello precedente e del 2,3% se confrontato con quello del primo trimestre del 2012. Senza contare infine che l’aumento dell’IVA si risolverebbe con esito opposto a quello sperato anche riguardo al gettito fiscale: invece dei quasi 3 miliardi in più ipotizzati il rischio che si paventa è quello di un’ulteriore perdita – circa 300 milioni rispetto alle entrate attuali - causa un nuovo crollo dei consumi”.

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