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Venerdì, 19 Aprile 2024
Economia

Occupazione, un giovane modenese su quattro resta a casa

Nel 2012 più persone senza lavoro, soprattutto tra i giovani: un'indagine testimonia la maggiore incisività e consapevolezza della crisi. E più modenesi si considerano nelle fasce sociali medio basse, con problemi ad arrivare a fine mese

Le anticipazioni dell'Annuario statistico prodotto dal Comune di Modena dipingono un quadro chiaro della crisi sotto la Ghirlandina, con una crisi severa, devastante per l'occupazione, ma più attenuata rispetto alle realtà circostanti e nazionali. La disoccupazione nel 2012 è infatti cresciuta anche a Modena raggiungendo il 5,8%, pur rimanendo sotto i livelli regionali (7,1%) e, soprattutto, nazionali: 10,7% nel 2012 e 12,1% secondo le ultime rilevazioni. E in questo contesto cresce soprattutto la disoccupazione giovanile, quasi raddoppiata rispetto al 2008, con un valore oggi pari al 25,3%, mentre a livello nazionale è al 35,3 e in regione al 26,4.

“I dati quindi ci dicono che lo scorso anno il nostro tessuto economico ha retto meglio rispetto ad altre realtà, ma le sofferenze non mancano – commenta l’assessore allo Sviluppo economico Stefano Prampolini – e aumenta e si rafforza la percezione della gravità della crisi da parte delle famiglie modenesi. L’auspicio quindi è che le caratteristiche del nostro territorio e delle nostre imprese ci consentano di essere pronti a cogliere i primi segnali di ripresa, a partire dalle opportunità offerte dal decreto lavoro, che ha un’attenzione particolare proprio per l’occupazione giovanile”.

LAVORO - I dati del 2012 rispetto agli avviamenti al lavoro nel territorio comunale sono in linea con quelli dell’anno precedente, intorno ai 60 mila: aumentano però gli avviamenti nei servizi e calano quelli nell’industria e nell’agricoltura. In sette casi su dieci si tratta di italiani, mentre il 7 per cento sono cittadini comunitari e il 22 per cento extracomunitari. Tra questi ultimi, prevalgono marocchini, albanesi e ghanesi. Sono aumentate le cessazioni, che passano dalle 57 mila 973 del 2011 alle 60 mila 689 del 2012 con un saldo tra avviamenti e cessazioni dei rapporti di lavoro che nel 2012 è stato negativo per tutti i macro settori di attività: agricoltura, industria e servizi. Il calo più forte è stato nel settore industriale con contrazioni nel manifatturiero superiori al 10 per cento.

CONTRATTI - In calo anche il dato relativo ai contratti a tempo indeterminato: nel 2012 solo il 17,1 per cento degli avviamenti ha queste caratteristiche, quasi la metà dei contratti (il 45,5%) è a tempo determinato, mentre quelli di somministrazione raggiungono il 16,2 per cento. Tra le cessazioni, invece, una su cinque (il 21 per cento) ha riguardato rapporti a tempo indeterminato, un dato in linea con gli anni precedenti.

FAMIGLIE - Quasi sei su dieci degli intervistati (il 58,6%) colloca il proprio nucleo familiare nella classe sociale medio bassa e il 19,3% in quella bassa; il 18,4% indica la classe alta o medio alta (non era prevista l’indicazione “classe media” e dunque si è “forzato” l’intervistato a scegliere fra medio bassa e medio alta). Rispetto all’analoga domanda posta nel 2011 si rileva un peggioramento nell’autocollocazione della classe sociale di appartenenza, in particolare aumenta l’indicazione della classe sociale bassa. Alla richiesta di indicare come l’intervistato e la propria famiglia si sentissero di fronte alla crisi il 18% dichiara una condizione di debolezza, il 38% ritiene di avere qualche risorsa per reggere ma non per molto, il 36,3% valuta di avere una certa forza per resistere e infine il 6,4% si dichiara abbastanza forte.

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