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Lavoro: operaio licenziato e reintegrato due volte

Per l'operaio della Tecmea Remo Di Legge è forse la fine di un incubo: lo scorso 25 ottobre il tribunale ha respinto l'ultimo ricorso dell'azienda. Soddisfazione da parte della Fiom Cgil

Dopo 7 anni trova conclusione la lunga vicenda personale e processuale di Remo Di Legge, operaio metalmeccanico di 5° livello, licenziato per ben due volte dalla Tecmea di Modena e per ben due volte reintegrato dal giudice del lavoro. La Fiom rende noto attraverso un comunicato che il ricorso in appello dell’azienda, è stato respinto definitivamente il 25 ottobre scorso dai giudici della Corte di Appello di Bologna.

La storia comincia nel giugno 2005 quando Remo di Legge viene sospeso dal lavoro con l’accusa di furto di materiale aziendale e di aver provocato risse all’interno del luogo di lavoro. Alla sospensione segue, dopo 20 giorni, il licenziamento. Nel successivo tentativo di conciliazione promosso dalla Fiom/Cgil l'azienda non si presenta a quel punto il sindacato decide di impugnare il licenziamento per giusta causa con procedura d’urgenza essendo la mancanza di lavoro, grave pregiudizio per il sostentamento di Remo Di Legge. Nell’ottobre 2005, il giudice del lavoro di Modena considera illegittimo e ingiustificato il licenziamento e ordina l’immediato reintegro.

Ma il signor Remo viene licenziato di nuovo dopo 24 ore, con la motivazione “che non esito a definire pretestuosa - spiega Massimo Valentini della Fiom/Cgil – visto che in così poche ore non ci si può certo rendere conto della scarsa produttività del lavoratore”. Segue nuovo ricorso della Fiom ex art 18 dello Statuto dei Lavoratori che porta ad una nuova sentenza di condanna dell’azienda, nel gennaio 2006, sentenza che definisce illegittimo anche il successivo licenziamento e dispone il nuovo reintegro del lavoratore.

Per Remo non finisce qui perché il datore di lavoro, infatti, anziché ottemperare all'ordine del Tribunale di reintegrare il lavoratore nel proprio posto di lavoro, gli impedisce di riprendere servizio e, al contempo, gli versa regolarmente la retribuzione.  Un grosso colpo per il lavoratore che avrebbe voluto riprendere seriamente l’attività lavorativa e che per di più si vede decurtata la retribuzione del cosiddetto 3° elemento contrattuale (200 euro netti in meno al mese) per decisione discrezionale dell’azienda. Remo non lavora, percepisce lo stipendio decurtato e deve affrontare un nuovo grado di giudizio perché l’azienda ricorre in appello per ottenere il risarcimento economico di tutte le retribuzioni versate fino al pensionamento avvenuto il 30/6/2011. Il 25 ottobre 2012, la sentenza della Corte di appello di Bologna, mette fine alla lunga vertenza respingendo l’appello dell’azienda, condannata anche alla rifusione delle spese legali.

“Un tal accanimento da parte dell’azienda – aggiunge ancora Valentini della Fiom/Cgil - era finalizzato a colpire un delegato sindacale, iscritto alla Fiom, più volte ri-eletto Rsu, nonché rappresentante per la sicurezza (Rls), che faceva valere i diritti dei lavoratori e l’applicazione delle norme di salute e sicurezza dei lavoratori (legge 626/94). Visto che l’azienda non poteva licenziare in modo discriminatorio un delegato sindacale, ha licenziato il lavoratore con cause pretestuose verificate dal giudice come infondate e confermate dalle due sentenze”.

“L’art. 18, prima della riforma Fornero, ha garantito al lavoratore Remo Di Legge i diritti previsti dallo Statuto dei Lavoratori – spiega il sindacalista Fiom/Cgil - e lo ha ampiamente tutelato dal punto di vista della sua reputazione (“non è un ladro, non ha rubato nulla in azienda”). Oggi sicuramente l’art.18 è stato indebolito con la riforma Fornero, e il lavoratore ingiustamente licenziato, rischia di andare di fronte al giudice, dimostrare la sua innocenza, ma non ottenere la reintegra, questi i motivi che portano la Fiom/Cgil a continuare la battaglia per l'art.18”.

 

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