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Economia

False cooperative. Indagine shock, una su due mai stata sottoposta a controllo

Una ricerca della Fondazione Del Monte conferma la "giungla" tra cui si muovono le imprese non associate alle centrali. Tra queste una su due non ha depositato il bilancio e nessuna fa cenno alla verifica dei fini mutualistici

La Fondazione Mario Del Monte e il Coordinamento modenese dell’Alleanza delle Cooperative Italiane (costituito da AGCI, Confcooperative Modena e Legacoop Estense), con il contributo delle Camere di Commercio di Modena e Ferrara, hanno realizzato una seconda indagine sulle cooperative del settore autotrasporto, facchinaggio e logistica delle Provincie di Modena e Ferrara. L’intento è contribuire in termini di analisi e proposte ad affrontare i problemi che toccano questo settore, anche di recente protagonista della cronaca sui nostri territori. L’indagine segue quella svolta nel 2014, che già aveva evidenziato una situazione di irregolarità diffusa

Lo scopo della ricerca odierna è verificare che cosa sia cambiato a distanza di quattro anni e aprire un confronto con tutti i soggetti interessati per individuare, ove necessario, modalità di controllo e intervento più efficaci. Le imprese del settore, fra Modena e Ferrara, sono 2.267 con 18.110 occupati di cui 361 cooperative (15,9%) con 10.501 occupati (57,9%). Di queste solo 25 sono associate a una delle Associazioni di rappresentanza. Il campione esaminato riguarda 182 cooperative non associate; il 30% di queste è localizzato nella Zona di Vignola. Ecco i dati più significativi emersi nell'indagine

Bilanci - Il 49% delle imprese non ha depositato il Bilancio 2016; il 13% non l’ha mai depositato e il 10% non lo deposita da almeno 3 anni.
Solo il 7% delle imprese ha indicato di avere un organo di controllo - collegio sindacale o revisore legale; era il 10% nel 2014. Va però specificato che l’art. 2543 c.c. prevede l’obbligo della nomina dell’organo di controllo in una società cooperativa solo in alcune ipotesi, non ricorrendo le quali nessuna società cooperativa è obbligata alla nomina dell’organo di controllo.

Assenza di controllo - Diverso invece il discorso sulla revisione cooperativa, finalizzata all’accertamento dei requisiti mutualistici: la legge (D.Lgs. 220 del 2/8/2002) prevede che, in caso di imprese non associate ad alcuna Centrale cooperativa, la revisione venga effettuata ogni due anni - una volta all’anno per alcune tipologie di enti cooperativi – a cura del Ministero per lo Sviluppo economico tramite propri dipendenti, oppure revisori dipendenti di altri Ministeri o Amministrazioni su convenzione. Ebbene, l’elemento di stranezza è che delle 182 cooperative campione nessuna fornisce informazioni in materia. Il 68% ha l’amministratore unico (era il 63% nel 2014), di cui il 46% di origine straniera, e il 70% non ha indicato il numero dei soci. 

Fatturato - Le cooperative campione registrano un aumento del fatturato del 25% - segno che la committenza si rivolge sempre più spesso a queste realtà -  ma a questo non corrisponde un aumento proporzionale della marginalità; nelle cooperative associate il trend è opposto. Nel facchinaggio, per esempio, la redditività del campione è inferiore del 70% a quella delle cooperative aderenti. Un dato che suona come campanello dall’allarme rispetto ad ipotesi di illecita intermediazione di manodopera.

Capitale e patrimonio - Un dato preoccupante viene dal patrimonio netto, che risulta negativo per il 21% delle imprese campione. Nella media del campione il patrimonio netto corrisponde al 70% del capitale sociale (era il 33% nel 2014), in alcuni casi addirittura coincide. Un dato molto particolare, e peggiorativo rispetto alla prima indagine, in quanto le cooperative devono per legge destinare almeno il 30% a riserva indivisibile (e quindi a patrimonio).

Buste paga e lavoro sommerso - Dal confronto fra le buste paga di cooperative associate e cooperative non associate appare evidente l’uso distorto di voci come Premi individuali, Diaria e Trasferta/trasferta Italia. Nella gran parte dei casi si tratta di elementi fittizi, utilizzati per generare o giustificare una certa retribuzione netta (nel migliore dei casi) o più prettamente per evadere/eludere le normative fiscali e contributive, andando a mascherare spesso forfettariamente le voci retributive alle reali prestazioni lavorative e agli orari di lavoro effettivamente prestati (in particolare gli straordinari). Tali meccanismi occultano un sommerso implicito, una economia informale nei fatti che crea danno all’individuo e alla collettività. E’ evidente infatti il danno conseguente in termini contributivi e fiscali: minore contribuzione agli enti previdenziali e minore gettito alla Fiscalità generale. Per il singolo lavoratore, poi, minore contribuzione significa pensione più povera, con conseguente aumento del disagio sociale e presumibile richiesta di servizi futuri in termini di welfare e/o sostegno al reddito. Inoltre si configura il rischio di cartelle esattoriali a carico del lavoratore per tasse non versate a fronte di prestazione da lavoro dipendente

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