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Alva Noë contro l'eccessivo entusiasmo per le neuroscienze

Il docente di filosofia all'Università di Berkeley, Carlifornia, è stato ieri pomeriggio in piazza Grande per sviscerare il rapporto tra coscienza e cervello

Alva Noë, docente di filosofia a Berkley, Los Angeles, negli ultimi anni si è ritagliato sempre più spazio grazie a diversi studi sulla teoria della coscienza e della percezione: ieri ha tenuto una lezione magistrale in piazza Grande a Modena intitolata, guarda a caso, "Coscienza e cervello".

LETTERATURA - Non vuole passare come l'ultimo umanista oppositore al progresso scientifico, ma il suo giudizio sulla comunità scientifica e più specificamente sulle neuroscienze non ammette relpiche: "Viviamo in un'epoca in cui c'è un entusiasimo senza freni per le neuroscienze e si pensa che queste possano spiegare tutto di noi - ha esordito - Negli ultimi15 anni mi sono occupato della letteratura delle neoruscienze e ormai è chiaro come non esista una teorica neurologica della coscienza, c'è un consenso unanime di cmoe non esista neanche un abbozzo di tale teoria".

OPPORTUNITA' - Da una mancanza, però, il docente riesce a trovare una grande opportunità: "Se davvero decidiamo di affrontare seriamente il tentativo di capire chi siamo nel mondo naturale e di ridefinire la nostra natura biologica dobbiamo ridefinire il concetto di biologia e di natura scientifica di noi stessi. Quello che è disturbante è che le neuroscienze godono di prestigio culturale, cosa a cui bisognerebbe opporsi: ho cercato di spiegare perché il paradigma neoruscientifico non abbia alcun fondamento, dovremmo recuperare una visione di noi stessi realistica improntata sulla biologia e l'umanesimo".

COSCIENZA - Totalmente fuori strada la ricerca condotta dalla comunità delle neuroscienze che si occupa di scienze cognitive: "Ha cercato la coscienza  nel posto sbagliato, la mente - spiega Alva Noë - Se accettiamo che la coscienza sia nella mente, sarebbe come osservare il valore del denaro scrutando una banconota. La proposta che ho cercato di formulare è che la coscienza non sia qualcosa che avviene nel cervello, ma che sia qualcosa che ragguingiamo, che mettiamo in atto, che ci colloca al di fuori di noi, che analizziamo attraverso il contesto in cui siamo calati, risultato di una serie di dinamiche di scambio delle relazioni sociali tra mondo, corpo e cervello".

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