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Cultura

"After Miss Julie" al Comunale di Carpi, in scena la complicità fra Guanciale e Pession

After Miss Julie" è stata protagonista, questo weekend, al Teatro Comunale di Carpi. Scritta e diretta da Patrick Marber, rappresenta la trasposizione moderna e drammatica de "La Signorina Julie" di Strindberg. La regia italiana è di Giampiero Solari che ambienta l’opera a Milano nella notte del 29 aprile 1945, quando imperversano i festeggiamenti per la Liberazione dall’occupazione nazifascista (Marber, invece, la colloca in Inghilterra nel 1945 alla fine della seconda guerra mondiale).

Tutto si svolge nella cucina della villa dove Gianni (interpretato da Lino Guanciale) lavora come autista e capo della servitù, insieme a Cristina (Roberta Lidia De Stefano) la cuoca, sua promessa sposa. L’ambientazione ha in sé qualcosa di torvo; colori freddi fanno da cornice a questa cucina seminterrata illuminata da un grande finestrone, da cui si sentono arrivare canti di festa per la Liberazione e si propagano lampi di luce che risaltano ancor di più la cupezza della stanza. L’inizio è un po' in sordina con Cristina e Gianni che si ritrovano a tarda ora a raccontarsi, tra scaramucce e risate, la loro giornata come una qualunque coppia all'ora di cena. Ma poi la storia, con l'arrivo in scena della figlia del proprietario della villa, la Signorina Giulia (interpretata da Gabriella Pession) diventa "briosa", a tratti complicata, ma sicuramente avvincente e ti rendi conto che il "e vissero felici e contenti" stavolta non ci sarà. 

Iniziano, così, a scardinarsi i temi portanti dell’opera: le tensioni tra classi sociali, l’emancipazione femminile e la liberazione sessuale.

Dalla comoda poltrona del teatro, caro spettatore, ti ritrovi in un angolino di quella cucina buia e modesta a seguire con attenzione ogni minimo gesto, ogni minima parola che possano rivelare qualcosa. Con l’entrata in scena della Signorina Giulia nella stanza si fa predominante il colore rosso che spicca sui colori “smorti” intorno e diventa simbolo del dramma.

Un susseguirsi di racconti e ricordi i cui protagonisti non sono più Gianni e Cristina, ma Gianni e la Signorina Giulia, che di Signorina ha solo qualche piccolo dettaglio, come si vedrà nelle scene successive. Lei che prova in tutti i modi a sedurre Gianni e che riesce a trascinare nel suo vortice di passione, amore, fragilità, pazzia (“lei è matta come un cavallo” dice Gianni parlando con Cristina qualche scena prima). La tenerezza di lui nel ricordarla bambina con il vestito bianco e il fiocco rosa o il chiederle preoccupato e quasi impaurito come stia (“Stai bene? Sicura che stai bene”) dopo la loro notte di passione lascia poi il posto al freddo cinismo quando si accorge che non è disposto a perdere la sua posizione sociale, il suo ruolo accomodante di autista di "Sua eccellenza" (il padre di Giulia), che ha avuto fino a quel momento. Cambia anche bruscamente il tono con cui le si rivolge, che in alcune parti quasi sfiora il volgare. E ti chiedi come questo sia possibile, ma poi ti rispondi che alla fine non è che un uomo (come lui stesso sottolinea in una scena) e l’uomo, lo sappiamo bene, convive da sempre con la dicotomia tra bene e male.

Di forte impatto emotivo il rumore sordo, a tratti fastidioso che irrompe sulla scena e si propaga amplificato nella stanza quando Cristina, in piena notte, inizia a scoprire, pian piano, il tradimento del suo futuro marito. Proprio come sordi e fastidiosi irrompono, nella testa di ognuno di noi, il sospetto e la paura.

Straordinaria la De Stefano nella scena in cui Cristina “soffoca” il suo urlo disperato, in un misto di rabbia e dolore, la sua compostezza nell'affrontare il dopo colpiscono tantissimo, lei che “sa qual è il suo posto” e non vuole rinunciarci.

Ed ecco il finale che ti aspetti ma non così, perché nella testa ti profili mille ipotesi, mentre sei teso ad osservare ed ascoltare, proprio come tesi sono i muscoli ed i nervi di un atleta pronto a vincere la sua gara.

La Signorina Giulia, che alterna momenti di fragilità a momenti di risolutezza, è un personaggio che nonostante tutto si fa amare, un personaggio che porta a riflettere fin dove possono arrivare l’inconscio ed il passato di una persona che dalla vita cerca solo amore. Ti vien quasi voglia di correre sul palco e stringerla in un abbraccio infinito.

Grande intesa e complicità tra Guanciale e la Pession che, in una scena precisa (lei sul tavolo, lui che l'abbraccia da dietro) ricordano Anna e Leo de "La porta rossa”, serie tv che li ha visti protagonisti e che ha gettato le basi di questo affiatamento.

Resta da dire che una sola volta non é sufficiente. “After Miss Julie” ha bisogno di essere rivista per capire meglio qualcosa che sicuramente é sfuggito alla prima, troppo tesa visione.

di Viviana Cavallaro

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