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Cultura

Massa e individuo. Confronto fra Escobar e Guanciale sul palco del FestivalFilosofia

Modena e la sua Piazza Grande sabato 14 settembre hanno ospitato, all’interno del Festivalfilosofia, un interessante e brioso dibattito tra Lino Guanciale e Roberto Escobar dal titolo "Massa e individuo. Canetti oggi tra filosofia e teatro", introdotto e moderato da Claudio Longhi, direttore di ERT (Emilia Romagna Teatro Fondazione) e regista teatrale.

Una breve introduzione su Canetti (autore poliedrico di un Novecento inquieto) per passare poi la parola a Lino Guanciale e alla sua presentazione di Nozze (opera teatrale di Canetti del 1932) di cui sarà regista a fine novembre con gli studenti della Scuola di teatro Iolanda Gazzerro.

In un condominio abitato da borghesi (di cui la signora Giltz è la proprietaria) si stanno celebrando le nozze di Christa, figlia del sovrintendente edile Segereich. Porte che si aprono, porte che si chiudono, scambi di partner fanno da contorno a quello che è il momento cruciale dell’opera, la domanda dell’idealista Horch: “Se adesso arrivasse un terremoto, cosa fareste per la persona amata?”
Tutti pronti ad elencare buone azioni, ma quando il crollo arriva davvero ognuno finisce per pensare solo a salvare se stesso.
Con questa opera, spiega Guanciale, Canetti ha voluto rappresentare il collasso di un mondo degradato ed il difficile rapporto con la morte, vista come nemico che scatena il potere.

Parlando di potere non si può non parlare di massa e quindi il collegamento va subito all’opera monumentale di Canetti Massa e potere, scritta nel 1960, relativa ad un approfondito studio sociologico, politico, culturale sulle masse. La massa, secondo Escobar, non va intesa solo in senso negativo in quanto rappresenta il modo in cui gli esseri umani spontaneamente si muovono per superare la paura l’uno dell’altro. La massa è scatenata da una meta (eticamente positiva o negativa),che abbatte miti, riti e confini individuali. Non esiste più il tutti, esiste solo l’uno, la massa appunto, che può essere chiusa (l’individuo esiste ancora) o aperta (l’individuo si perde perché è forte l’impulso di espandersi per sopravvivere). Quando si raggiunge la meta, la massa si scioglie e bisogna rilanciare la meta, guadagnando in durata e perdendo in potenziale, ma così facendo la massa diventa istituzione.

Come anticipato nei primi momenti del dibattito, si riprende il tema del potere inteso come morte. Il potente uccide per sopravviver e per lui e per la sua autorità si genera un forte senso di ammirazione. Canetti descrive il potere con la metafora del gatto e del topo: il gatto non mangia subito il topo, ma gioca con lui, gli concede più spazio e tempo e così il topo diventa il suo primo complice proprio come accade tra suddito e potente.

E la democrazia? Essa è, secondo l’analisi che Escobar fa di Canetti, un patto di convenienza che tacitamente stipuliamo con il numericamente superiore per salvarci la testa, affidando alla maggioranza appunto la responsabilità di governo (democrazia parlamentare). Maggioranza che non vuol dire però qualità, ma solo semplice calcolo di sopravvivenza.

Il potere, sottolineano Guanciale ed Escobar, ha anche un altro aspetto: non solo necessità ancestrale di vincere e uccidere per sopravvivere, ma anche possibilità di condannare o graziare gli altri. La spina del potere, come la definisce Canetti, si verifica quando il potente impartisce un ordine al sottoposto che subito esegue, per paura di essere lui il prossimo ad essere toccato dal comando come vittima e non più come esecutore.

Esiste una speranza di uscire da questa situazione si chiede Canetti al quale fanno eco i protagonisti del dibattito? La via d’uscita potrebbe sarebbe attuare la disobbedienza, non infliggere la propria spina agli altri, ma trovare un modo per liberarsene, senza nuocere appunto all’altro. Disobbedienza che fa rima con metamorfosi, ossia l’apertura al cambiamento, perché la rinuncia degli assoluti ci rende davvero liberi e produce il cambiamento.

E noi quanto siamo disposti a cambiare per essere davvero liberi?

di Viviana Cavallaro

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