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Magner Bein | Il Parmigiano-Reggiano non nacque nei caseifici ma nei monasteri

Quella del Parmigiano Reggiano è una storia che dura da almeno otto secoli e che ebbe inizio nei monasteri emiliani

Quella del Parmigiano-Reggiano è una storia antica quanto la maggior parte dei comuni e delle comunità del territorio emiliano, e da almeno un millennio caratterizza la nostra regione per bontà e per unicità. Una storia che a differenza di quello che molti di noi potrebbero pensare, non iniziò in un caseificio o presso la casa di un contadino, ma all'interno delle antiche abbazie modenesi, reggiane e parmensi. 

Si iniziò a parlare di questo formaggio già nel 1200, anni a cui risalgono i primi documenti circa una commercializzazione diffusa in queste tre province di una lavorazione del latte particolare. In particolare un documento notarile del 1254 testimonia la compravendita avvenuta a Genova di un prodotto chiamato caseus parmensis, ovvero il formaggio di Parma. 

I monaci che più si occuparono del miglioramento di quel processo di lavorazione, che oggi porta al nostro amato Parmigiano-Reggiano, furono i Benedettini e i Cistercensi. Infatti, fino al XIV secolo non si trova la definizione tecnica di fabbricazione perfetta che oggi conosciamo, ovvero riscaldamento, spinatura, cottura, salatura e stagionatura. 

Solo da quel momento si inizierà una guerra al "brevetto". Giustificata da una tale diffusione del prodotto nel territorio, che Giovanni Boccaccio parlò di quel formaggio nel 1344, descrivendo la via Emilia come la contrada del Bengodi e descrivendo "parmigiano grattugiato", oltre a "maccheronei a raviuoli". E ciò avrebbe portato i duchi di Modena e di Parma a contendersi il primato di quella eccellenza.

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