"Nero Adagio", le opere di Michele di Pirro in esposizione alla Drogheria Roteglia di Sassuolo
La mostra "Nero Adagio", di Michele Di Pirro, si affianca, pur non nell'ufficialità, al tema di Festivalfilosofia 2020 sulle macchine, con una proposta espositiva collaterale. Nella mostra, curata da Alessandro Mescoli ed Elisabetta Vavassori, l’artista forlivese individua un’intersezione ed uno spazio analogico tra il “nero di morchia”, prodotto residuale della lubrificazione dei macchinari (più o meno pesanti e complessi) e i liquidi linfatico - ematici propri del corpo umano, che ne governano ogni organo ed appartato. Questa “linfa nera” , che si muove e si forma adagio, con il tempo, è il media elettivo per questo ciclo di opere di Di Pirro presentate negli spazi della Antica Drogheria Roteglia, luogo di sedimentazione culturale e di accadimenti accumulati dal passato. Analogamente ad una scrittura di deposito, asemica e asemantica, l’indagine dell’artista, prende le distanze da ogni monocroma “ pittura di colore”, differenziandosi non immediatamente per il linguaggio visivo superficiale, ma per la capacità microscopica di inglobare nel suo lento scorrere la vita stessa della macchina/apparato che l’ha generata; i suoi relitti, i particolati e tutto il vissuto intorno. Una fonte documentale, un diario per adsorbimento che fa considerare il lavoro di Di Pirro come materia viva e mutevole, vicino agli studi di Cennino Cennini, quale stratificazione di elementi eterogenei.
Mediati dal tempo oltre che dalla luce.
A riguardo, scrive Alessandra Gellini nel testo critico da lei curato:
Michele Di Pirro con voracità e arguzia ricerca nelle cose di uso comune, scontrini, carte, cartoni di recupero, vassoi usa e getta per cibi, locandine del supermercato, cicche di sigarette, nastro adesivo usato, morchia e chissà che altro ancora, materiali finalizzati al riutilizzo, al riciclo, al cambio d’uso per la realizzazione delle sue creazioni.
Adagio, con cura, li esamina, li seleziona, li accumula, limitatamente alla disponibilità dei materiali stessi. In questa ricerca quotidiana c’è molta intimità, emotività, affezione alle cose e agli oggetti che incontra. Dal più piccolo chiodo arrugginito, ai supporti, tutto ciò che farà parte del suo lavoro ha una sua storia, una precedente appartenenza o destinazione d’uso a cui segue, a una nuova lettura, una nuova narrazione. Tutto è in tutto senza inizio né fine. In questo processo circolare le “cose materiali” si elevano a elementi universali di un’etica del curare, non solo la persona, ma anche l’umanità e la natura. Il senso dell’economia, teso alla riduzione o all’annullamento dello scarto, questo senso profondamente ecologico, lo porta a riflettere sulla possibilità effettiva di poter continuare le sue creazioni solo nella misura in cui i materiali stessi siano disponibili.
In Nero Adagio Michele Di Pirro ci presenta, in una sorta di archivio, di inventario generale nel senso calviniano, una serie di pagine del suo “racconto”. Sulle pagine di cartone poroso, con spatole e mani, con direzionalità scrittografica, Michele ha adagiato la murcia, come una stampante che ottunde di nero la pagina. La murcia, termine del dialetto romagnolo per indicare la mòrchia, sedimento nerastro e grasso, in questo caso è il grasso impiegato nella lubrificazione di grossi macchinari. La capacità di sedimentazione della morchia, per le sue proprietà oleose, è pressoché inesauribile. Con il tempo trattiene impurità e si annerisce fino a saturazione trasformandosi in un impasto, sensuale, ricco di intrinseca sensitività, che sembra conservare al suo interno le sonorità gravi e sorde dei macchinari che l’hanno ospitata e la memoria del loro dinamismo. Un dinamismo ora nelle pagine così modellate e disposte fra staticità e movimento. La morchia, contenitore del tempo, ingloba, trasforma, cancella il limpido lubrificante che fu e Michele ci narra adagio, inteso sia come termine agogico, di andamento e di espressione, sia come modo, con attenzione, con riflessività, memorie e trasformazioni in vista di una nuova sfida. Per ora è come se un manto scuro fosse sceso sul mondo, sull’uomo, sulle macchine. Ma Michele, attraverso questo archivio del tempo, sembra dirci che dobbiamo segnare il passo e adagio con coraggio dare valore alle cose che ci circondano, le cose umili del mondo, perché la ruota gira e la realtà e la narrazione di essa non possono che continuare il proprio corso. Come afferma la Natura in uno dei Dialoghi di Leopardi: “la vita di quest’universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra sé di maniera che ciascheduna serve continuamente all’altra, ed alla conservazione del mondo”.
La mostra, ad ingresso gratuito, sarà visitabile dal 17 al 27 settembre 2020, dalle 08.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.30.