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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Teatro Comunale, Opera: non basta Irina Lungu a salvare Traviata

E' andata in scena al Teatro Comunale Pavarotti "Traviata", ma lo spettacolo non è stato ben gradito dal pubblico. Unica nota positiva Irina Lungu, contagiata però dal poco entusiasmo generale

Se vai a teatro a vedere Traviata, per giunta con una soprano di fama internazionale che ha fatto del ruolo di Violetta il proprio cavallo di battaglia, e l’unica cosa che ti colpisce è il breve intervento di due ballerini prestati alla regia da una compagnia di danza… beh, significa davvero che qualcosa non ha funzionato. Traviata è indubbiamente uno di quei titoli che fa il tutto esaurito, ma molte (troppe) delle persone accorse tra il pubblico sono uscite con un gran muso lungo. Non solo la regia “non tradizionale” di Rosetta Cucchi ha lasciato un po’ perplessi, ma addirittura i cantanti, il coro e l’orchestra non hanno avuto il successo sperato. Il maestro Pietro Rizzo, solitamente molto equilibrato, ha guidato un’orchestra visibilmente (e comprensibilmente) annoiata, nel tentativo di farsi seguire da un coro che troppo spesso rimaneva indietro sul tempo, trascinando ancor di più un’interpretazione che può complessivamente definirsi rallentata e noiosa. Un vero peccato per Irina Lungu (nel ruolo di Violetta), una bravissima soprano che però, purtroppo, ha cantato parecchio al di sotto dei propri standard, rendendosi suo malgrado complice dell’insuccesso di questa messa in scena di Traviata. Insuccesso dovuto soprattutto ad un Alfredo (interpretato dal tenore Giuseppe Varano) poco convincente e costantemente “ingolato”, con conseguenze infauste per il volume e la nitidezza del suono (se non lo si fosse visto in carne ed ossa sul palco, si sarebbe potuto scommettere che stesse cantando da dietro le quinte!). Un Alfredo soffocato, dunque, di certo non aiutato nel lirismo dalle scelte della regista, che lo ha voluto forse un po’ troppo isterico. Certo, dal punto di vista prettamente musicale lo spettacolo è stato portato a termine, ma davvero senza entusiasmi per le interpretazioni canore. Un grande punto interrogativo per la regia di Rosetta Cucchi, che alla vigilia dell’opera ha spiegato di aver voluto rivisitare in chiave psicologica la celebre opera verdiana: ciò che si è visto in scena, però, è qualche specchio intorno a Violetta quando nel primo atto riflette sui piaceri della propria vita da cortigiana, oltre ad un albero che perde tutte le proprie foglie e rimane nudo (o quei rami capovolti forse erano radici? Che forse si sia voluto simboleggiare con questo sfiorire il passare del tempo della giovinezza? O piuttosto il fatto che Violetta non può sfuggire alle proprie radici, cioè al proprio destino di cortigiana?). Insomma, una visione psicologica basata su specchi e foglie che cadono: che innovazione!
 
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