Rom e Sinti bocciano la legge sugli insediamenti: “Esclusione su base etnica”
Forti critiche da parte dell'Associazione 21 Luglio sulla legge regionale dell'Emilia-Romagna. Per i nomadi si tratta di “un'occasione persa che reitera la politica dei campi su base etnica”
Con una lettera inviata alla Giunta Regionale e ai consiglieri della Regione Emilia-Romagna, l’Associazione 21 luglio – gruppo contro la discriminazione di Rom e Sinti e per la tutela dell'infanzia - dopo aver analizzato la nuova Legge Regionale n. 11/2015 “Norme per l’Inclusione sociale dei rom e dei sinti”, ha espresso il proprio commento tutt'altro che positivo. La questione abitativa è ovviamente quella centrale, in una regione dove sono state censite 2.745 persone appartenenti alle comunità sinte e rom con una presenza massiva di sinti italiani che costituiscono il 90,6% delle presenze registrate sul territorio comunale.
Nel testo legislativo la soluzione abitativa delle microaree è fortemente caldeggiata come la principale soluzione per le comunità rom e sinte presenti sul territorio rispetto a soluzioni abitative convenzionali. Per tale ragione, a seguito di un’attenta analisi, l’Associazione 21 luglio ha scritto alle autorità regionali parlando di ennesima “occasione mancata” ed esprimendo una risposta critica basandosi essenzialmente su tre motivi.
In primis, la nuova Legge verrebbe a confermare come modello abitativo pressoché esclusivo per le comunità sinte e rom dell’Emilia-Romagna quello dei “campi”, ovvero di aree di piccole dimensioni realizzate su base etnica. Secondo, l'associazione teme che si assisterà ad una parcellizzazione degli insediamenti sinti e rom con conseguente loro moltiplicarsi sul territorio regionale con il rischio di creare, soprattutto in riferimento alle aree private, dei luoghi autorizzati in deroga alla legge secondo criteri meramente etnici. Infine, non sembrerebbe essere considerato dal legislatore il dato ineludibile che nell’arco temporale di alcuni anni l’aumento demografico delle comunità sinte e rom presenti nelle microaree farà perdere alle stesse la caratteristica della piccola dimensione.
L'associazione sostiende dunque che nel nostro territorio la presenza consolidata di aree-sosta di piccole dimensioni avrebbe potuto facilmente condurre all’elaborazione di un “ventaglio di percorsi abitativi non escludenti e segreganti” piuttosto che optare in maniera preponderante in decisioni riconducibili comunque alla “politica dei campi”. L'alternativa proposta dai nomadi sarebbe, ad esempio, quella dell’autocostruzione. Una strada alternativa ma che finora non ha trovato grande riscontro, né da parte degli enti locali, né in molte comunità rom e sinti.