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Cgil su chiusura Cie: “La soluzione che auspicavamo da anni”

Per il sindacato ci sono alternative praticabili per gestire il rimpatrio e la chiusura del Cie è perciò un passo importante per una nuova politica migratoria. Resta però il filo scoperto dei lavoratori che hanno perso il posto

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ModenaToday

La chiusura del Cie di Modena, disposta dal Ministero dell'Interno, di concerto con quello dell’Economia e delle Finanze, è la scelta che auspicavamo, dopo mesi, anni, nei quali abbiamo sostenuto la inutilità e negatività di queste strutture. Dopo la decisione, nell’agosto scorso - così come avvenuto a Bologna, a marzo - di disporre la temporanea sospensione dell'attività, per consentire lavori di ristrutturazione e di adeguamento, avevamo chiesto, insieme alle Istituzioni, Parlamentari, Associazioni, di avviare una riflessione che portasse ad assumere l'attuale decisione di chiusura definitiva.

Lo abbiamo sostenuto anche nel convegno nazionale che la Cgil ha svolto a Bologna lo scorso 3 dicembre: ci sono alternative praticabili per gestire il rimpatrio di chi ha perso i requisiti di permanenza regolare nel nostro paese, senza abusare del “trattenimento amministrativo”, che in Italia ha significato essere di fatto internati dentro strutture che non hanno requisiti di civiltà e rispetto dei diritti umani.

Di recente questa linea è stata assunta da un'importante ordine del giorno votato a maggioranza dalla Camera, ed è per questo che ci aspettiamo una decisione analoga a quella riferita a Modena anche per gli altri Cie esistenti in regione e nel resto del paese. La via maestra passa dalla radicale modifica della Bossi-Fini, la cancellazione del “reato di clandestinità”, la predisposizione di un adeguato sistema di accoglienza per immigrati per ragioni economiche e richiedenti asilo, oltre una corretta attuazione della Direttiva Europea sui rimpatri.

Adesso che la decisione della chiusura del Cie di Modena è stata assunta, l'impegno nostro e delle Istituzioni deve essere rivolto alla tutela e alla ricollocazione dei lavoratori che erano occupati dentro quella struttura. Se non ci fosse stata la loro lotta, in tutti questi mesi, la situazione del Cie di Modena non sarebbe emersa nella sua effettiva assurdità e drammaticità, e non sarebbero maturate le condizioni che hanno portato alle decisioni ultime. Quelle professionalità possono essere valorizzate nell'ambito della implementazione di un nuovo e più adeguato sistema di accoglienza, che abbia nel ruolo degli Enti Locali il necessario perno, a partire dal sistema SPRAR.

Quei lavoratori non possono essere abbandonati: aspettano ancora 2 mesi di retribuzione (luglio ed agosto), non hanno alcuna certezza su 13^ e TFR, ed a causa delle inadempienze del Consorzio L'Oasi dal 16 novembre non risultano nemmeno in cassa integrazione. Nei prossimi giorni chiederemo un incontro alle istituzioni modenesi per disegnare un percorso di riconversione lavorativa e nel frattempo avere garanzie di copertura con ammortizzatori sociali, oltre al recupero di quanto a loro spettante sino ad ora.

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