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Venerdì, 19 Aprile 2024
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"I Cie? Voluti dalla comunità, stravolti dalla Bossi-Fini"

L'intervento di Giuliano Barbolini, già sindaco di Modena nonché ex senatore Pd: “Quando i Cie (allora Cpt) nacquero rispondevano a una precisa esigenza dei cittadini ed erano governati da regole stringenti stabilite con la legge Turco/Napolitano. Oggi la Bossi-Fini ne ha stravolto l’impianto”

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ModenaToday

Leggo di un’interrogazione sulla situazione attuale del CIE, in cui il proponente mi chiama in causa, per il ruolo avuto ai tempi in cui ero Sindaco al momento della sua realizzazione. Regione E-R e Comune di Modena, destinatari dell’interpellanza, risponderanno nei loro tempi e procedure, avendone tutti gli elementi, ai quesiti posti. Colgo però l’occasione, essendo l’argomento “CIE” purtroppo di ricorrente attualità, per qualche puntualizzazione che spero utile all’opinione pubblica, ad evitare strumentalizzazioni e fraintendimenti.

L’allora Centro di Permanenza Temporanea fu fortemente voluto dai Cittadini Modenesi che tramite i Comitati per la sicurezza e la vivibilità raccolsero più di 18.000 firme a sostegno di una corale rivendicazione. La richiesta fu appoggiata e sostenuta dal Comune, che si adoperò nei rapporti con Prefettura e Ministero degli Interni per ottenerne la realizzazione (gli oneri di attuazione e gestione essendo competenza statale), contribuendo ad individuare la localizzazione, e monitorando le fasi per la progettazione, perché la struttura (come inizialmente concepita) fosse rispondente alle prescrizioni dettate dalla Cassazione in tema di dignità e rispetto delle persone.

Ricordo che al tempo erano forti in città le preoccupazioni, fino a forme di esasperazione, nei confronti di fenomeni di prostituzione e spaccio che interessavano diverse zone urbane, generando disagio e insicurezza, anche per la frustrante constatazione della difficoltà, una volta che le forze dell’ordine erano magari intervenute con il fermo, a far sì che le persone non tornassero velocemente alle stesse attività, per la carenza di norme e strumenti efficaci.

I “centri” come previsti dalla legge Turco/Napolitano rispondevano appunto a questo: avere uno strumento di contrasto verso i “soggetti” di manifesta pericolosità, e per i casi di fondato sospetto che la mancanza di identità personale fosse un problema di natura dolosa, e non la semplice mancanza del documento d’indentificazione. Se ne prevedeva una dislocazione di due/tre in ogni regione, con dotazioni organiche proprie, e tempi brevi di soggiorno.

Ma quell’impianto è stato presto stravolto, senza che se ne potesse valutare l’efficacia, con la successiva Bossi-Fini. Chiunque senza permesso di soggiorno (anche chi, perso il lavoro, è in attesa di trovarne un altro) passibile di restrizione ed espulsione; allungamento spropositato dei tempi di permanenza; nessuna (o pochissime) struttura realizzata; negate le dotazioni organiche promesse, surrogate dalla vigilanza esterna dei  militari, e aggravio sulle forze dell’ordine del territorio. Vengono da qui le diverse negatività, attinenti le condizioni strutturali, la funzione,  le problematiche gestionali, e di tutela dei lavoratori, oltre alle complessità di amministrazione, le tensioni interne, gli episodi di vandalismo e danneggiamenti, i rischi per quanti coinvolti, le assurde restrizioni finanziarie.

Insomma, una degenerazione, che insieme a tanti mi sono sforzato in questi anni di contrastare o almeno limitare, sostenendo l’intelligenza e l’abnegazione delle forze preposte e del volontariato impegnate a compensare le lacune, e di cui fanno fede i numerosi atti e iniziative di denuncia e sollecitazione presentati da senatore. Urge una verifica seria, con correttivi profondi e soprattutto la revisione del quadro normativo. Naturalmente, se si è arrivati a questo punto, responsabilità  ce ne sono, e vanno denunciate. Non penso di essere fazioso se le ascrivo, in termini politici e culturali, all’impianto di una legge, la Bossi-Fini, e alle sue conseguenze.  Di certo, il civismo dei cittadini che si sono spesi per il bene della comunità, e il Comune che ne ha raccolto le aspettative, sono, oltre che esenti da responsabilità, la parte lesa

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