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Fuori dall'aula perchè porta il velo, il Consiglio di Stato chiede un rapporto

Da più parti arrivano testimonianze di solidarietà per quanto accaduto ad una praticante di 25 anni oggi a Bologna. La legge prescrive il volto scoperto, ma gli avvocati reputano la scelta del giudice Mozzarelli una discriminazione

Il Consiglio di Stato chiede "chiarimenti" da ricevere tramite una "relazione circostanziata" su quanto accaduto oggi a Bologna. "In merito alle notizie di stampa secondo cui il presidente della seconda sezione del Tar Emilia-Romagna", Giancarlo Mozzarelli, "nel corso dell'udienza di questa mattina- recita una nota- avrebbe 'invitato una giovane praticante a uscire dall'aula perchè indossava un velo', il presidente del Consiglio di Stato ha incaricato il segretario generale di richiedere al presidente della sezione una relazione circostanziata sull'accaduto ai fini di una compiuta valutazione dei fatti".

Solidarietà nei suoi confronti viene espressa dal segretario generale dell'Associazione nazionale forense, Luigi Pansini. La 25enne di Modena è stata "allontanata dall'aula di Tribunale dal presidente del Tar dell'Emilia-Romagna per non essersi voluta scoprire il capo", scrive Pansini: "Ferme restando le giuste prescrizioni per ragioni di sicurezza che prevedono l'obbligo di rendere riconoscibile il volto, vogliamo ribadire con fermezza l'esigenza che le aule dei Tribunali siano luoghi di uguaglianza, non discriminazione, libertà e laicità, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, garantiti anche dalla nostra Carta Costituzionale". 

Dichiarazione, quella di Pansini, che viene ripresa e rilanciata anche dal direttivo dell'Associazione sindacale degli avvocati di Bologna. Sempre da Bologna, anche il presidente dell'Ordine degli avvocati, Giovanni Berti Arnoaldi Veli, si schiera con la praticante. Nell'ordinamento, scrive Berti Arnoaldi Veli, "convivono normative contrastanti sulla possibilità, o meno, di assistere a un'udienza con il capo coperto": per il processo civile "è espressamente escluso", ma il divieto "non è previsto" in sede penale e amministrativa. 

Detto ciò, "se da una parte appare certamente opportuno che il legislatore detti una normativa aggiornata e comune in materia, per rispondere alle mutate esigenze della società- continua il presidente dell'Ordine- d'altra parte è comunque ineludibile il rispetto del principio di libertà religiosa". Inoltre il Csm, dopo un identico caso avvenuto a Torino, nel 2012 ha stabilito che "deve essere garantito- ricorda Berti Arnoaldi Veli- il pieno rispetto di quelle condotte che, senza recare turbamento al regolare e corretto svolgimento dell'udienza, costituiscono legittimo esercizio del diritto di professare la propria religione, anche uniformandosi ai precetti che riguardano l'abbigliamento".

(DIRE)

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