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Nomadi sotto il ponte Tav, oltre duecento controlli in un anno

Il nucleo staziona in quel luogo in seguito a un provvedimento giudiziario, con un monitoraggio quasi giornaliero da parte della Municipale. L’assessora Urbelli ha risposto a un’interrogazione di Montanini (CambiaModena)

Sono stati oltre 200, per l’esattezza 204, i controlli svolti dalla Polizia municipale di Modena da dicembre 2014 a novembre 2015 nell’area di via Canaletto, in località san Matteo, dove staziona un nucleo familiare di origine slava in seguito a un provvedimento giudiziario. Del nucleo che, prima del provvedimento transitava periodicamente a Modena, si erano già ripetutamente occupati i Servizi sociali del Comune di Modena, intervenendo a tutela dei minori, alcuni dei quali hanno attualmente collocazioni stabili in famiglie e comunità.

Lo ha reso noto al Consiglio comunale l’assessora al Welfare del Comune di Modena Giuliana Urbelli che sul tema ha risposto oggi, 10 dicembre, a un’interrogazione di Antonio Montanini. Il capogruppo di CambiaModena ha chiesto se è stata verificata la legittimità dell’occupazione dell’area; se sia legittimo che vi sostino anche altri mezzi; quali criteri adotta l’Amministrazione comunale per tollerare situazioni di occupazioni di aree non autorizzate e quali provvedimenti intende adottare per tutelare la sicurezza dei cittadini che abitano nella zona e che transitano sulla statale.

A questo proposito, l’assessora ha spiegato che i servizi di controllo e presidio dell’area a opera della Municipale, quasi quotidiani, sono stati finalizzati a verificare i mezzi e la presenza di persone autorizzate, oltre che ad allontanare persone e veicoli che non avrebbero dovuto esserci. Inoltre, ha ribadito che l’area non è né censita né allestita come microarea, né quindi vi sono le infrastrutture necessarie per qualificarla come tale. Il gruppo di persone che attualmente vi staziona, apolidi (perché privi di cittadinanza) ha lasciato la Bosnia Erzegovina negli anni ’90 ed è abituato a spostarsi periodicamente tra Francia e Italia. “La situazione a cui si riferisce l’interrogazione – ha poi spiegato l’assessora - è determinata, di fatto, da un provvedimento di misura alternativa alla carcerazione nei confronti di uno dei membri del nucleo, che prevede gli arresti domiciliari presso il domicilio del nucleo che può provvedere all’assistenza e al mantenimento dello stesso. Successivamente anche un membro dell’altro nucleo è stato posto agli arresti domiciliari; inoltre le due famiglie vengono ripetutamente visitate da parenti puntualmente allontanati durante i controlli della Municipale o a seguito di segnalazioni. Il luogo è stato individuato dal nucleo stesso insieme ad altre collocazioni molto vicine a zone residenziali e produttive che parevano anche meno adatte. Resta il fatto che l’Amministrazione si trova purtroppo indotta a attivare misure di supporto e tutela a seguito delle definizioni di misure cautelari alternative al carcere di persone che di fatto non sono residenti sul nostro Comune”.

Nella replica, il consigliere Montanini ha affermato di “comprendere la natura e l’origine del problema derivante dalla decisione del Tribunale” definendo però “paradossale che l’Amministrazione sia costretta a sottostare alle decisioni di un delinquente, perché di questo si tratta, e sia costretta a sostenere oneri per controllarlo. Senza parlare dei costi in termini di disagio che sta pagando la comunità”.

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