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Acqua minerale, anche in Emilia-Romagna arriva finalmente il canone di sfruttamento

Il canone si pagherà sui volumi d’acqua imbottigliati, con riduzioni in caso di utilizzo sostenibile. Primo sì alla direttiva da Pd e Prodi (Misto), no da Lega, M5s, Fdi e Sassi (Misto)

Parere favorevole dalla commissione Bilancio, affari generali e istituzionali, presieduta da Massimiliano Pompignoli, e dalla commissione Ambiente, trasporti e mobilitàpresieduta daManuela Rontini, alla direttiva regionale che introduce il canone sui volumi di acqua minerale naturale e di sorgente oggetto di sfruttamento in concessione (acqua imbottigliata per uso commerciale). Hanno votato a favore Pd e Silvia Prodi (Misto), contrari Lega, M5s, Fdi e Gian Luca Sassi (Misto).

Il canone – hanno spiegato i tecnici della Regione – viene introdotto nella logica di tutelare al massimo grado la risorsa idrica, bene pubblico deperibile, sulla base della revisione, effettuata da un gruppo di lavoro interregionale nel 2017, del documento d’indirizzo in materia di acque minerali approvato dalla Conferenza delle Regioni nel 2006. Le principali novità contenute nella direttiva regionale riguardano: la determinazione del canone sui volumi di acqua effettivamente imbottigliati dalle ditte concessionarie, riferiti alla singola concessione; l’introduzione di meccanismi di riduzione/aumento dei canoni applicati basati sulle buone pratiche di utilizzo sostenibile della risorsa idrica; l’introduzione di un meccanismo di aggiornamento dei canoni basato sui dati ISTAT; infine, la destinazione da parte della Regione dei proventi derivanti dai canoni ai Comuni sul cui territorio insiste l’attività individuata nell’atto di concessione.

Canone progressivo e riduzioni: come funzionerà

Il canone, da quantificare sui volumi di acqua effettivamente imbottigliati dalle ditte concessionarie riferiti alla singola concessione, viene applicato nel modo seguente: 1 euro al metro cubo (mc) fino a 50 mila mc/anno di acqua utilizzata nel ciclo produttivo; 1,50 euro/mc da 50 mila a 200 mila mc/anno; 2 euro/mc da 200 mila a 250 mila mc/anno; 2,50 euro/mc oltre i 250 mila mc/anno. Il concessionario che usa solo una parte ridotta dei volumi di acqua in entrata allo stabilimento è soggetto a incrementi del canone (10% se i volumi imbottigliati sono inferiori al 40% di quelli in ingresso nello stabilimento, a eccezione delle concessioni inferiori ai 20 mila mc/anno), mentre se lo sfruttamento è congruo e supportato da una conduzione virtuosa, beneficia di riduzioni (10% se i volumi imbottigliati sono pari o superiori al 70% di quelli in ingresso nello stabilimento). Ulteriori riduzioni previste: 50% del canone con riferimento ai volumi imbottigliati in contenitori di vetro o di plastica a rendere; 20% del canone se l’acqua viene imbottigliata in contenitori di plastica riciclata; 10% del canone annuo complessivo se viene sottoscritto un protocollo d’intesa con la Regione finalizzato alla difesa dei livelli occupazionali, compresi quelli riferiti ai lavoratori stagionali; 10% del canone annuo complessivo se il concessionario aderisce a sistemi di gestione ambientale certificati. L’applicazione del canone sarà graduale nell’arco di tre anni e si svolgerà con la seguente progressione: per i volumi imbottigliati nel 2019 si pagherà il 30% del canone al netto delle eventuali riduzioni; nel 2020 si pagherà il 70% al netto delle eventuali riduzioni; infine, dal 2021 si pagherà l’intero ammontare, sempre al netto delle eventuali riduzioni. Il canone sarà gestito da Arpae e a regime dovrebbe garantire introiti pari a 420mila euro all’anno.

Il dibattito in commissione

Gian Luca Sassi (Misto), pur apprezzando l’applicazione del canone, ha criticato la Regione per il ritardo nell’emanazione della direttiva (13 anni dal documento d’indirizzo della Conferenza delle Regioni del 2006) e ha mosso due rilievi sostanziali: uno in merito alla “riduzione del canone per i concessionari che imbottigliano in contenitori riutilizzabili, a suo avviso non sufficientemente incentivante”; l’altro, sulla base di una comparazione da lui effettuata tra una prima versione della direttiva, ritirata dalla Giunta, e quella in esame, riguardo agli “scaglioni di applicazione del canone fino alla messa a regime del sistema, a suo parere troppo favorevoli ai concessionari”.

Gli ha fatto eco Andrea Bertani (M5s), che ha quantificato in circa 300mila euro all’anno per 13 anni il mancato introito della Regione dovuto alla mancata applicazione del canone fin dal 2006. “Finalmente anche in Emilia-Romagna- ha affermato il pentastellato- si fa pagare in modo adeguato un bene comune come l’acqua minerale, anche se la misura è insufficiente per l’eccessiva gradualità nell’applicazione del canone e per l’esigua incidenza dello stesso sui profitti delle aziende concessionarie”.

Massimo Iotti (Pd), invece, ha espresso apprezzamento per l’impianto della direttiva, giudicandola “misurata, progressiva e incentivante”.

Michele Facci (Fdi) ha domandato se il canone si applichi anche alle acque termali, dato che “il riferimento normativo per la concessione di questa tipologia di acqua è il medesimo delle acque minerali naturali e di sorgente”. I tecnici hanno risposto che la direttiva prevede unicamente l’applicazione del canone alle acque minerali.

Fabio Callori (Fdi), infine, ha chiesto se “la destinazione ai Comuni interessati degli introiti derivanti dal canone sia certa” e se “ci siano aziende che abbiano installato i misuratori di volumi d’acqua in ingresso negli stabilimenti”. I tecnici hanno risposto che i trasferimenti a favore dei Comuni sono previsti per legge e che le grandi aziende imbottigliatrici hanno già installato i misuratori di volumi d’acqua in ingresso.

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