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Venerdì, 19 Aprile 2024
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Andrea e Senad liberi, Pighi: "La sentenza fa chiarezza"

Il sindaco sulla vicenda dei due ragazzi bosniaci: “La Magistratura ha dimostrato di sapere tutelare i diritti fondamentali della persona. Il Cie non è una prigione”

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ModenaToday

“La sentenza del Giudice di Pace fa chiarezza. I Centri di identificazione e di espulsione possono trattenere solo persone non identificate o che possano essere rimpatriate. Andrea e Senad, ben identificati, non hanno mai acquistato formalmente né la cittadinanza italiana, né quella bosniaca. Trovandosi in Italia e non potendo essere rimpatriati in Bosnia, devono rimanere in Italia. Ciò deriva dal diritto alla protezione internazionale, in quanto i due ragazzi hanno, per nascita e domicilio, un legame consolidato con l’Italia. Ora la sentenza della magistratura deve essere rispettata da tutti”. Così il sindaco di Modena Giorgio Pighi commenta la sentenza del Giudice di Pace che ha liberato i due fratelli Senad trattenuti al Cie.

Giorgio Pighi ha anche precisato: “Parlo solamente ora perché il Giudice di Pace di Modena ha pronunciato la sentenza sul trattenimento dei due ragazzi nati in Italia da genitori bosniaci. Farlo prima avrebbe costituito un’interferenza indebita. Esprimo inoltre il mio profondo apprezzamento al prefetto Benedetto Basile e al questore Giovanni Pinto che si sono attenuti alla stessa regola di correttezza istituzionale e di civiltà giuridica, nonostante le critiche, fuori luogo, rivolte dal senatore Carlo Giovanardi che, chiedendo di esprimere un giudizio, aveva usato un’espressione a dir poco sgradevole e aveva parlato di ‘imbarazzante silenzio’.

I precedenti penali – aggiunge Pighi - pongono questi ragazzi nelle stesse condizioni degli altri, italiani o stranieri che siano: dovranno sottostare ai processi e, qualora la magistratura pronunci una condanna, espiare la pena inflitta. Il giudice ha riaffermato con chiarezza lo Stato di diritto, il rispetto della libertà personale e dei principi fondamentali della protezione internazionale che impediscono di equiparare il Centro di identificazione e di espulsione alla prigione. Ora sta a questi giovani inserirsi nella società, consapevoli che il rispetto delle regole, la ricerca di un lavoro e la piena conformità della loro posizione alle leggi saranno gli strumenti per potersi integrare nella società e avere una vita migliore rispetto a quella di figli di migranti che hanno perso le radici dei genitori e hanno rischiato di non vedere riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana. Ancora una volta la Magistratura ha mostrato di sapere tutelare questi diritti”.

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