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Giovedì, 25 Aprile 2024
Politica

Riordino province: il day-after si consuma tra le polemiche

Per gli ex sindaci Bastico e Barbolini "si perde un po' di sovranità per guadagnare opportunità", mentre il Pdl lancia una tardiva raccolta firme e la Lega vuole attraversare a nuoto il Secchia

"Chi rinuncia alla libertà per raggiungere la sicurezza, non merita né la libertà né la sicurezza". Recita una vecchia citazione attribuita a Benjamin Franklin. Vedendo quanto sta succedendo alla nostra provincia, e, soprattutto, dopo avere letto la nota congiunta degli ex sindaci di Modena Mariangela Bastico e Barbolini, verrebbe voglia di riscriverla in "Chi rinuncia alla sovranità per raggiungere un'opportunità, non merita né sovranità né opportunità". Sbaglia il Pd di Modena a volere ridurre il nodo del nome a una questione degna da curva Montagnani (con tutto il rispetto per chi la frequenta abitualmente) e a sminuire chi, in modo legittimo ma assolutamente tardivo, si muove per una raccolta firma a favore dell'"ortodossia toponomastica".

Volendo andare oltre tutti gli aspetti storici e statistici per cui Modena, da secoli, ha tagliato il traguardo prima di Reggio, volendo anche superare la questione che riguarderà l'ubicazione futura di uffici e sedi amministrative fondamentali (Prefettura, Questura, Camera di Commercio, Agenzia delle Entrate, Comando Carabinieri, ecc.), c'è una questione di "brand" che è stata affrontata solamente da parte del centrodestra modenese e ampiamente ignorata, purtroppo, dalla maggioranza di Governo: noi modenesi, con le nostre capacità e il nostro biglietto da visita di eccellenze squisitamente nostre, come possiamo presentarci al mondo come "provincia di Reggio e Modena"?

Il discorso opposto dai democratici al buon senso privo di casacca politica, poi vede l'utilizzo delle seguenti argomentazioni: con tutti i problemi che abbiamo adesso, compreso il futuro oscuro della Provincia, dei suoi compiti e delle sue risorse, ci perdiamo a disquisire di "targhe automobilistiche". I simboli che ci hanno permesso di distinguerci non sono semplici etichette per i quaderni da scuola elementare, ma sono tratti e connotazioni acquisite nel corso del tempo con non poca fatica. Bene ha fatto il democratico Ennio Cottafavi ieri in consiglio provinciale a ricordare quanto accaduto con il Parmigiano-Reggiano: ottima parte del celebre formaggio che viene prodotto dalla riva destra del Po alla riva sinistra del fiume Reno ha natali che esulano dall'intestazione riportata nel marchio. Così facendo, l'utente medio è portato a rivolgersi presso le due province messe in evidenza, trascurando le restanti. Considerando che la lingua è abituata a fare economia e ad adottare misure "per fare prima", come provincia prepariamoci a fare la stessa fine del "parmigiano". Come? Con le abbreviazioni: prepariamoci da qui a pochi anni a diventare la "provincia di Reggio", in barba al buon senso. Oltre ai risparmi e all'efficienza amministrativa propugnata dagli ex sindaci geminiani, "ottenibili" comunque grazie anche alla corretta posizionamento dei nomi, attrezziamoci anche a subire i danni da quella che si dimostrerà essere come la peggiore operazione di marketing territoriale concepita tra Secchia e Panaro. Secchia, che, fra qualche giorno, verrà attraversato a nuoto dal segretario cittadino della Lega Nord Stefano Bellei per ristabilire il primato di Modena: peccato che i consiglieri provinciali del Carroccio, contrari alla ratio degli accorpamenti, si siano astenuti alla proposta Pdl per il ripristino dell'ordine corretto dei nomi, di fatto aiutando il Pd nell'affossare la provincia di Modena e Reggio e, conseguentemente, obbedire al gotha reggiano del partito che tanto si è adoperato per la causa toponomastica.

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