Abbiamo frantumato il Pd, poi un paese e, cosa più grave, la speranza di cambiamento. Disorientamento e rabbia sono i sentimenti più forti di fronte al fallimento del Pd nel saper interpretare le richieste delle persone. Disorientamento di fronte alla morte di un partito riprodotta simbolicamente dalla scelta di richiamare e poi bruciare il suo fondatore, Prodi. Rabbia, di fronte alla proposta di Giorgio Napolitano, 88 anni, prossimo ispiratore di un governo a larghe intese.

Napolitano è scelta conservativa, di garanzia solo per la continuità del passato. Avevamo bisogno di un linguaggio del cambiamento, che sapesse parlare di ridistribuzione delle ricchezze, di lotta agli interessi economici che bloccano il paese, di lavoro di qualità, di reddito minimo di cittadinanza, di regole da porre ai mercati finanziari. Con Napolitano invece si cerca di tenere insieme un paese stremato dal teatrino di una politica che non ha maturato nessuna visione né strumento per rispondere alla crisi culturale ed economica che stiamo vivendo. In questi giorni la classe dirigente del mio partito si è dimostrata inqualificabile. Si dovrà continuare, da domani, a costruire una società diversa, dando fiducia alle persone e parlando il loro linguaggio. Oggi purtroppo prevalgono rabbia e rassegnazione.