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Donne e lavoro, i numeri della disuguaglianza di genere

Ancora alto il gap di genere e il divario salariale tra donne e uomini in Emilia-Romagna, la denuncia di Tullia Bevilacqua, segretario regionale confederale Emilia Romagna dell'UGL

“In Emilia-Romagna le donne sindaco elette su tutto il territorio regionale sono il 34%, le donne presenti nelle giunte comunali il 38% e quelle elette nei consigli comunali il 34%. Si tratta di una buona percentuale in tema di rappresentanza politico istituzionale fra tutte le regioni italiane (la media nazionale è del 18%). Ma nonostante i progressi a 70 anni di distanza dal primo voto alle donne, avvenuto alle elezioni amministrative del 1946, le differenze fra la presenza maschile e quella femminile negli organi istituzionali della Regione e dei 340 Comuni dell’Emilia-Romagna rimangono significative e per la conquista della piena parità dovremo aspettare ancora chissa' quanto tempo”.

Il commento è di Tullia Bevilacqua,  segretario regionale confederale Emilia Romagna del sindacato UGL, a pochi giorni dallo svolgimento della prima seduta della Conferenza regionale delle elette, l’organismo introdotto dalla legge quadro regionale per la parità e contro le discriminazioni di genere in vista delle nuove norme in materia elettorale.

Nel mercato del lavoro la disparità di trattamento tra uomini e donne è evidente, con il tasso di disoccupazione per i maschi fermo al 7,3% in Emilia Romagna (nel 2014) mentre per le femmine viaggiava quasi vicino al 10%. E paradossalmente, l’unica nota positiva sembra averla portata la crisi economica: fra il 2008 e il 2014, tra le donne il tasso di occupazione ha sostanzialmente tenuto, mentre tra gli uomini è calato di oltre 4 punti percentuali. 

Le donne ricorrono più degli uomini al contratto di lavoro a tempo parziale e in Emilia Romagna vi ha fatto ricorso il 30,5% (la media italiana è al 32%, quella UE 33%) mentre appena l’8% degli uomini svolge lavoro part time. Le motivazioni? In campo femminile, la scelta di ridursi l’orario di lavoro è principalmente legata alla cura dei figli o di altre persone, mentre il 50% dei maschi vi fa ricorso perche' “vuole più tempo libero”.

“Ovvero, le donne rinunciano ancora alla carriera perchè devono accudire figli e parenti e portare avanti la cura della casa (vi dedicano oltre il quadruplo del tempo rispetto ai maschi).Non c'è tempo per gli straordinari, niente premi aziendali legati alla presenza, pochissimi benefit. Una situazione analoga nell'industria e nel pubblico impiego”: nota il segretario regionale confederale Emilia Romagna dell'UGL.

Secondo il rapporto “Lavoro invisibile”, realizzato nel 2014 dalla sezione italiana di Action Aid, una donna in Italia dedica al lavoro domestico 204 minuti al giorno, contro i 57 di un uomo. L’insieme di questo impegno non retribuito rappresenta (ma non viene mai calcolato) il 30% del Pil. 

E se questo dato è negativo, l'indicatore della disparità di genere che più deve fare riflettere è quelle del reddito medio, il gap ammonta a circa 1.500 euro, un differenziale salariale a parità di ruoli e mansioni in tanti ambiti  ancora troppo alto che fra le prime conseguenze espone le donne ad un maggiore rischio di povertà. Per non parlare del fatto che  la presenza femminile nei CdA è ancora carente: una donna ogni 5 uomini, e solo il 4,1% degli Amministratori Delegati in Italia è donna. Insomma, più del 90% dei dirigenti in luoghi apicali è tuttora costituito da uomini. Ed Eurostat ci ricorda che l'Italia divide con il Lussemburgo l'ultima posizione per incidenza di donne manager nel mondo del lavoro pubblico e privato.

“Da queste statistiche emerge ancora una volta che la cura della famiglia è soprattutto sulle spalle delle donne. E ancora oggi, nonostante l'aumento delle donne laureate, l'occupazione femminile si concentra nei settori professionali dove le retribuzioni sono più basse. A rischio ci sono ancora gli spazi che le donne si erano conquistate nel corso del tempo. Urgono quindi  interventi in favore della donna e dell'occupazione femminile , politiche di sostegno alla famiglia di cui si dovrebbe far carico un governo che continua a non avvalersi di un ministro delle Pari opportunità che come sindacato Ugl stiamo chiedendo da tempo e abbiamo invocato anche in occasione della festa dell'8 marzo a Roma e potrebbe costituire un valido presidio contro il differenziale salariale di genere, la disoccupazione e la povertà femminile”: conclude il segretario regionale confederale Emilia Romagna di UGL Tullia Bevilacqua.

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