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Folklore modenese | Le 5 parole utilizzate (quasi) esclusivamente a Modena e dintorni

Il gergo popolare intinge non di rado dal pozzo del parlato dialettale espressioni, appellativi fortemente legati alla storia e alla cultura del territorio. Ecco allora una selezione di parole tipiche modenesi che difficilmente si sentono pronunciare fuori regione o, addirittura, fuori provincia

Chi è abituato ad utilizzarle quotidianamente forse non si rende conto dell’unicità e dell’esclusività territoriale d’utilizzo che alcune parole hanno insite nel loro Dna. Spesso d’origine dialettale, ma ancor prima latina o di lingue neolatine, ecco cinque parole che sono tipiche modenesi o dei territori circostanti.

Il Burazzo

Si sa, nelle case dei modenesi “passami il canovaccio” è una frase imperativa che ha del mitologico, che stona dinanzi alla "casareccità" e alla leggerezza di un “passami il burazzo”, buraz in dialetto.

Nel resto del bel paese (ma se sentite il termine in altre parti d’Italia di sicuro c’è lo zampino di qualche modenese) il burazzo si identifica nello strofinaccio, canovaccio o ritaglio di stoffa utilizzato in cucina per asciugare le stoviglie. Il termine deriva da “bura”, vocabolo del tardo latino indicante un rimasuglio di lana, canapa o, generalmente, stoffa grossolana.

Il Rusco

Rùsc o Rosch in dialetto, "Rusco" in italiano: per i modenesi sta a significare “spazzatura”. Il termine si pensa derivi da Ruscus Aculeatus, una pianta cespugliosa caratterizzata dall’assenza di foglie e dalla presenza di rametti simili ad aculei, ovali e con estremità pungenti, in antichità probabilmente utilizzata per creare cestini o contenitori destinati a raccogliere, per l’appunto, rifiuti e spazzatura.

Il Piscialetto

Dalle inconfondibili forma e colore, il Piscialetto o, meglio dire, Taraxacum officinalis, è un fiore che in Italia possiede diversi appellativi: dal dente di leone al soffione, dal dente di cane alla cicoria matta passando per la barba del Signore, girasole selvatico e molti altri. A Modena e dintorni è il Piscialetto e l’origine dell’omonimo termine si riconduce ad un monito, una “velata minaccia” che i genitori solevano rivolgere ai propri figli ogniqualvolta li scovavano intenti a raccogliere o estirpare il tipico fiore giallo.

“Se raccogli quel fiore stasera a letto ti farai la pipì addosso” - questo l’escamotage per preservare il fiore, edibile e dall’importante versatilità in cucina.

Ciunto

Aggettivo, generalmente riferito a persone o animali, significa “florido, sodo, ben messo” e delinea caratteristiche fisiche di robustezza. La radice della parola è da attribuire al latino cunctus (tutto intero), un incrocio tra i termini clausus (chiuso) e iunctus (unito), oppure dal tedesco klunt (pieno, compatto).

La parola, usata in modo dispregiativo, può tramutarsi in offesa ed indicare persone sovrappeso.

Il Ciocapiatti

In latino per Crepis sancta o Ciocapiat in dialetto, s’intende una tipologia di erba che nasce spontaneamente nei prati e nei terreni incolti, edibile ed apprezzata in cucina per il suo sapote delicato e leggermente amarognolo.

Bene. A Modena vuol dire tutt’altro!

Un Ciocapiat è una persona che “parla molto e conclude poco” - diremmo in tempi odierni - “tutto fumo e niente arrosto”: è una persona che in gruppo si atteggia con spavalderia, che racconta storie e avventure fantasmagoriche verosimili ma che, a conti fatti, non hanno alcun reale fondamento. Ha manie di protagonismo, gli piace essere ascoltato e al centro dell’attenzione, si vanta di conquiste amorose ma, una volta lasciato il branco, rivela un carattere docile e indole mite.

In origine il termine si riferiva alle gestualità e ai discorsi dei venditori ambulanti di pentolame: per conquistare la fiducia dei clienti e convincerli ad acquistare i prodotti esposti, colpivano di qua e di la, cioccavano le pentole una contro l’altra saggiandone la loro robustezza. Ma robustezza apparente, poichè una volta acquistate spesso non sopravvivevano integre ai viaggi in carrozza o al trasporto verso le abitazioni.

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